L’andamento economico italiano, tra maggiore incidenza dell’inflazione, un calo dei prestiti alle imprese e contesti geopolitici, ormai da anni fatica a mostrare segni di crescita. E tutto questo influisce anche sui pagamenti, in negativo.
Secondo l’ultimo studio sui pagamenti di CRIBIS, i ritardi gravi, quindi i pagamenti con oltre 30 giorni di ritardo, hanno raggiunto il 9,4%, un aumento rispetto al 9,1% registrato nel terzo trimestre del 2022. Tuttavia, il tasso di ritardi gravi rimane ancora lontano dai livelli negativi osservati nel quarto trimestre del 2019 (10,5%) e nel quarto trimestre del 2020 (12,8%).
A settembre 2023, le imprese italiane che effettuano pagamenti puntuali sono il 41,1% del totale delle aziende esaminate. Questo dato è in linea con quanto osservato nel terzo trimestre del 2022 (41,2%), ma mostra un miglioramento se comparato con il quarto trimestre del 2019 (34,7% prima della pandemia) e il quarto trimestre del 2020 (35,7%).
La durata media dei pagamenti è di 71 giorni, che rappresenta la media nazionale. Le microimprese presentano un buon risultato con il 42,8% di esse che effettuano pagamenti puntuali, e un tempo medio di pagamento di 69 giorni. Ma al tempo stesso queste registrano anche il più alto tasso di ritardi gravi, pari al 10,3%.
I settori più in ritardo: trasporti e costruzioni ai primi posti
Per quanto riguarda i settori, nell’ultimo anno si è osservata una crescita dei ritardi gravi nei pagamenti per diverse categorie merceologiche. In particolare, rispetto allo stesso trimestre del 2022, il settore dei Trasporti ha registrato un incremento del 21,5%, seguito da Costruzioni (+16,5%), Servizi per le persone (+13,3%), Installatori (+12,7%), Energy&Telco (+12,3%), e Industrie del legno e dei mobili (+11,1%), come evidenziato nello studio. Questo aumento dei ritardi nei pagamenti in questi settori è principalmente attribuibile al contesto inflazionistico, alle fluttuazioni dei costi delle materie prime, all’instabilità dei mercati energetici e alle difficoltà di liquidità delle imprese.
L’ultimo trimestre è stato difficile anche per il settore Ristoranti e Bar, che ha registrato un aumento del 19,4% nei ritardi gravi. I settori GD/DO (Grande Distribuzione/Organizzazione) e l’industria alimentare hanno raggiunto una quota del 12% nei ritardi gravi, principalmente a causa della necessità di mantenere prezzi competitivi.
Per quanto riguarda i tempi medi di pagamento, le industrie chimiche e quelle della ceramica hanno il tempo più lungo, con una media di 91 giorni. D’altro canto, il settore dei Servizi per le persone ha una media inferiore ai 30 giorni. Il settore Energy&Telco ha una media di 69 giorni, l’Industria siderurgica di 82 giorni, mentre GD/DO e Alimentari hanno rispettivamente una media di 67 e 71 giorni.
Le imprese del Nord Est più affidabili, male il Sud e le Isole
Per quanto riguarda le aree geografiche, il Nord Est risulta quella più affidabile, con il 47,9% dei pagamenti effettuati in modo regolare, una percentuale stabile rispetto al terzo trimestre del 2022 (47,8%). Nel Nord Ovest, lo studio evidenzia un miglioramento nella puntualità dei pagamenti per la Valle d’Aosta, che è passata dal 35,8% nel terzo trimestre 2022 al 40,2% nel terzo trimestre del 2023.
Le imprese dell’area Sud e Isole continuano a mostrare le maggiori criticità, con un aumento del 14,8% nei ritardi gravi rispetto al 14,6% registrato nello stesso trimestre del 2022. Tuttavia, si è osservato un leggero miglioramento nei pagamenti puntuali, che sono aumentati al 28,6% rispetto al 28,1% dell’anno precedente.
Anche nella classifica tra le regioni con la maggiore percentuale di pagamenti regolari spiccano quelle del Nord e deludono quelle del Sud: Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto sono tutte con una percentuale superiore al 47%. Al contrario, Sicilia e Calabria occupano le ultime posizioni nella classifica dei pagamenti puntuali, rispettivamente con una percentuale del 23,7% e del 25%.
In termini di tempi medi di pagamento, il Trentino-Alto Adige presenta la media più bassa, pari a 64 giorni. Al contrario, Lazio e Calabria sono le regioni con i tempi più lunghi, con una media di 82 giorni e 81 giorni, rispettivamente.
E anche l’Unione Europea interviene sui pagamenti in ritardo: in arrivo il regolamento
Il problema dei ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali tra imprese e tra le pubbliche amministrazioni e le imprese, specialmente le piccole e medie imprese, ha raggiunto una portata tale che la Commissione Europea ha deciso di affrontarlo con la proposta di emanazione di un nuovo Regolamento specifico.
Nell’Unione Europea, in media, una su due delle fatture emesse nelle transazioni commerciali viene pagata in ritardo o addirittura non viene pagata affatto, una situazione che peggiora durante periodi di crisi ed incertezza economica come questi. Le PMI, che dipendono da flussi di cassa regolari e prevedibili per operare, sono particolarmente vulnerabili al rischio di pagamenti in ritardo e ai danni che ne derivano. Anche la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nel 2022 pose l’accento su questa tematica affermando che “non è giusto che un fallimento su quattro sia dovuto al mancato pagamento delle fatture entro le scadenze previste”
Proposto a settembre di quest’anno, il nuovo regolamento sostituirà la direttiva esistente del 2011. Attualmente, c’è un termine di pagamento di 30 giorni per le transazioni tra imprese (B2B), ma questo può essere esteso a 60 giorni o più “se non è gravemente ingiusto per il creditore”. Nella pratica, l’assenza di un termine massimo effettivo per i pagamenti e l’ambiguità nella definizione di “gravemente ingiusto” nella Direttiva hanno portato a situazioni in cui sono diventati comuni termini di pagamento di 120 giorni o più, specialmente nei confronti dei creditori più piccoli.
La nuova proposta di regolamento introduce un unico termine massimo di pagamento di 30 giorni per tutte le transazioni commerciali, comprese quelle B2B e tra autorità pubbliche e imprese.