Investire nel Servizio Sanitario Nazionale non solo migliora la salute della popolazione italiana, ma contribuisce anche in modo significativo alle finanze statali. Lo dice un rapporto del Censis, commissionato dalla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici in occasione del 45º anniversario del Servizio Sanitario Nazionale, che afferma come questo servizio è un vero e proprio propulsore dell’economia. Infatti, i dati attestano come ogni euro di finanziamenti pubblici destinato alla sanità genera quasi il doppio del valore. Inoltre, un potenziamento degli investimenti pro capite nella spesa sanitaria avrebbe il potenziale di creare fino a 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro nel Paese.
L’idea di “salute come investimento” non è nuova, specialmente durante le discussioni sul bilancio pubblico. Tuttavia, i sostenitori del Servizio Sanitario Nazionale che promuovono questa prospettiva spesso non ricevono l’attenzione che meritano.
Quanto produce in Servizio Sanitario Nazionale
Se secondo i dati Istat la spesa sanitaria pubblica nel 2022 era di 131,3 miliardi di euro (ovvero il 6,8% del PIL, oltre a una quota aggiuntiva per la ricerca e sviluppo), emerge dal Censis che il valore della produzione interna diretta, indiretta e indotto è stimato in 242 miliardi di euro. In altre parole, ogni euro investito nella spesa sanitaria pubblica all’interno del Servizio Sanitario Nazionale genera un valore di produzione che è quasi il doppio (1,84 volte).
Il valore aggiunto totale generato ammonta a 127 miliardi di euro, corrispondente al 7,3% del valore aggiunto complessivo e al 6,5% del PIL. I settori che traggono vantaggio direttamente e indirettamente dalla spesa sanitaria pubblica includono:
- Le attività dei servizi sanitari, con un valore di produzione di 126 miliardi di euro e impiegando quasi 1,3 milioni di persone.
- Il settore dell’assistenza sociale, con un valore di produzione di 8,6 miliardi di euro e 180.000 occupati.
- Il commercio al dettaglio e all’ingrosso, con un valore di produzione di quasi 9 miliardi di euro e oltre 95.000 occupati.
- Settori professionali e di servizi qualificati, come amministrazione, legale, contabile e consulenza gestionale, con un valore di produzione di oltre 3 miliardi di euro e oltre 30.000 addetti.
- Servizi di vigilanza e facility management, con un valore di produzione di 3 miliardi di euro e quasi 43.000 occupati.
Inoltre, le imposte dirette e indirette, insieme ai contributi sociali generati da questo ciclo economico associato alla spesa sanitaria pubblica, ammontano a oltre 50 miliardi di euro. Questa cifra comprende oltre 28 miliardi di imposte dirette e indirette, nonché quasi 22 miliardi di contributi sociali legati ai lavoratori dipendenti coinvolti in questo processo economico.
I posti di lavoro che genera e i paragoni con l’estero
Secondo il report, un maggiore investimento nella sanità italiana potrebbe avere un impatto significativo sull’occupazione, con un aumento che potrebbe variare da 1,5 milioni a 2,5 milioni di occupati in più, coprendo sia settori direttamente correlati alla sanità che quelli che beneficerebbero degli effetti indiretti e indotti.
Gli occupati diretti, indiretti e indotti che verrebbero coinvolti in questo meccanismo cumulativo innescato dalla spesa sanitaria pubblica sono stimati in 2,2 milioni di persone, rappresentando l’8,7% del totale degli occupati nel paese. Questa creazione di occupazione avrebbe un impatto significativo al di là del settore sanitario, che comunque è uno dei principali datori di lavoro in Italia, con 670.000 addetti, oltre ai 57.000 medici di famiglia e guardie mediche.
Le stime del rapporto indicano che se la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, attualmente pari a 2.226 euro, salisse al livello di quella francese, che è di 3.739 euro (rappresentando il 10,1% del PIL francese), la spesa pubblica sanitaria totale italiana aumenterebbe di 89 miliardi di euro, corrispondendo al 10,9% del PIL italiano. Ciò porterebbe a un incremento complessivo tra occupati diretti, indiretti e indotti di 1,5 milioni di unità, arrivando a un totale di 3,8 milioni di occupati.
Nel caso in cui la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana si adeguasse al livello di quella tedesca, che ammonta a 4.702 euro a parità di potere d’acquisto (e rappresenta il 10,9% del PIL tedesco), la spesa sanitaria pubblica totale in Italia sarebbe superiore di 146 miliardi di euro, pari al 13,3% del PIL. Questo si tradurrebbe in un totale di 4,7 milioni di occupati diretti, indiretti e indotti, ovvero 2,5 milioni di occupati in più rispetto alla situazione attuale.
E gli italiani si immaginano il SSN del futuro: come sarà
Sempre in occasione dei 45 anni del SSN, è stata presentata un’indagine dell’Istituto Piepoli su cosa gli italiani pensano del Servizio Sanitario. E secondo i dati, la popolazione ha una considerazione molto alta.
L’indagine rivela che la maggioranza degli italiani (54%) tende a valutare positivamente il servizio sanitario regionale, tuttavia, ci sono notevoli differenze geografiche. Mentre al nord si raggiunge un picco del 69% di soddisfazione, al sud e nelle isole la percentuale si ferma al 41%. In termini di governance del sistema sanitario, c’è un’ulteriore divisione regionale: al nord prevale il modello di gestione concentrata sulle regioni, mentre al sud c’è una maggior richiesta di un intervento a livello statale. Questo potrebbe riflettere la speranza che un maggiore coinvolgimento del governo centrale possa contribuire a riequilibrare la qualità percepita del servizio sanitario nelle regioni meridionali.
Indipendentemente dalle preferenze territoriali, sembra esserci un ampio consenso tra gli italiani sul fatto che la sanità debba essere principalmente di natura pubblica. Più del 76% degli italiani è favorevole a un sistema sanitario prevalentemente pubblico, e questa opinione è condivisa in modo trasversale in tutto il Paese.
Accolto favorevolmente anche il digitale, con il 73% che apprezza e utilizza servizi come le ricette elettroniche e il ritiro online dei referti. Tuttavia, l’opinione degli italiani sul ruolo dell’Intelligenza Artificiale (IA) è equilibrata. Mentre l’IA è vista in modo positivo come un alleato e un supporto per i medici, solo il 92% degli intervistati la escluderebbe come sostituto del medico nell’assistenza sanitaria.