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Risparmio, la lunga tradizione degli italiani messa a dura prova

Il risparmio è una delle colonne portanti nella vita quotidiana. Per noi italiani è addirittura un must, a giudicare dagli ultimi dati emersi dal report ACRI-Ipsos che ne misura  l’impatto tenendo anche conto dell’inflazione.

In occasione della giornata mondiale del Risparmio l’Associazione di Fondazioni e di Casse di Risparmio e  ISPOS hanno voluto analizzare il rapporto che hanno gli italiani con la questione “risparmi”. Emerge una propensione davvero significativa, forte anche della tradizione storica propria degli italiani a mantenere dei risparmi per il futuro. Ma come vedremo meglio, quando ci sono delle crisi in corso, questa viene meno. Un problema non da poco, soprattutto in un periodo in cui sempre più italiani fanno affidamento a prodotti finanziari, e a una gestione oculata dei propri risparmi.

Risparmio, piace ma è difficile realizzarlo

Per la 98° Giornata Mondiale del Risparmio, è stata presentata la 22° edizione dell’indagine Ipsos realizzata in collaborazione con Acri. Dal titolo “Gli italiani e il risparmio: il valore del risparmio nell’era dell’incertezza“, è stato analizzato il modo con cui gli italiani gestiscono e vivono il risparmio. Soprattutto in questo ultimo periodo, tra crisi energetiche e geopolitiche.

Non a caso, il primo dato è quello sul clima economico percepito dai consumatori, e sulla fiducia, tutti e due in calo rispetto a fine 2021. E questo davanti ad un calo delle famiglie che indicano un miglioramento del proprio tenore di vita, passato dal 51% al 43% rispetto al 2021. In questo scenario, sempre più famiglie puntano al presente, con un aumento dal 36% al 43% di chi ritiene sia meglio investire sulla qualità della propria vita oggi, e non per quella futura (sceso dal 62% al 51%).

Indicativo di questa situazione è il dato della capacità di risparmio degli italiani. Dal 2021 ad oggi è aumentato il bacino di risparmiatori “ansiosi”, ovvero che non vivono tranquilli se non risparmiano, passato dal 33% al 37%. In calo però quelli “sereni”, che risparmiano senza troppe rinunce, passato dal 53% al 49%. Entrambi questi dati erano in calo anche nel 2020, agli albori della pandemia.

Nonostante tutto, oltre l’80% degli intervistati è per il risparmio, confermando così la propensione storica degli italiani all’accumulo del capitale. Fin dall’inizio della serie storica ha sempre prevalso la line del risparmio. C’è però da notare che, quando arriva una crisi sistemica, diventa sempre più urgente l’accumulo. Tra il 2007 e il 2012 era quasi parificata la quota di risparmiatori sereni e ansiosi, fino al prevalere di questi ultimo nel 2012. E così anche tra gli italiani che pensano di riuscire a risparmiare di meno, passato dal 36% nel 2009 fino al 50% nel 2012. Solo dopo il 2015 torna a prevalere il risparmio tranquillo, e la possibilità di ritornare a risparmiare di più. I dati degli ultimi anni, però, indicano la fine della tranquillità.

Il risparmio, fonte di tranquillità ma per molti è un sacrificio

Per gli italiani, risparmio è sinonimo di tranquillità. Oltre il 38% degli intervistati la pensa così, mentre per il 19% è sinonimo di tutela, e per il 16% di saggezza. A livello di accezione positiva, si registra un 78% a favore, contro il 32% che vede il risparmio in maniera negativa, come un sacrificio (25%). Tutti dati quasi ribaltati nell’ultimo triennio: nel 2020 era positivo all’83%, e negativo al 26%. La sensazione che sta crescendo è infatti di un risparmio meno tranquillo, e più simile ad un sacrificio.

Infatti il trend della capacità di risparmio degli italiani è in calo per chi segnala una situazione positiva o in risalita: dal 41% del 2020 nel 2022 si è al 23%. Di contro, chi è in crisi è passato dal 18% al 35% nell’ultimo triennio. Gli ultimi tre anni hanno portato ad un aumento anche il bacino non solo di chi ha dovuto ricorrere a risparmi accumulati (dal 14 al 17%) e prestiti (dal 2 al 6%), ma anche delle famiglie con saldo negativo (dal 16 al 23%).

Pur di mantenere inalterati  i consumi, come evidenzia il comunicato stampa di ACRI-Ipsos, “[…] molti italiani hanno fatto ricorso alle proprie riserve o a prestiti. Quindi si riducono le famiglie in grado di far fronte con mezzi propri a situazioni di difficoltà.” Si riferisce al dato relativo alle spese impreviste. Simulando una spesa di 1.000 euro, del tutto emergenziale, nel 2020 l’82% degli intervistati ha detto che sarebbe stato capace di affrontarla. Oggi è al 75%. Nel caso di spese impreviste da 10.000 euro, il trend è simile: dal 42% del 2020 si è oggi al 39%. Non a caso, sempre più italiani puntano a strumenti finanziari meno rischiosi e di protezione.

Investire per combattere l’inflazione

A confermare questa propensione alla protezione per gli italiani sono i dati dell’ultimo anno per quanto riguardano la sottoscrizione di BOT (dal 3 all’8%), Obbligazioni (dal 5% al 7%) e EFT (fondi comuni d’investimento, dall’11 al 15%). Così come fondi pensioni e polizze Vita (dal 23% al 26%). Ma nel complessivo, lo studio di ACRI-Ipsos rileva che tra il 2021 e il 2022 ancora domina tra i risparmiatori l’interesse al mattone (investimenti immobiliari, stabile al 30%) nonostante il calo di chi opta per strumenti a rischio (dal 21 al 12%).

Sul piano degli investimenti l’Italia non è messa male, constatando che “quasi 12 milioni di italiani affidano la gestione dei propri risparmi ai fondi comuni“, come rivela l’Osservatorio annuale sui sottoscrittori di fondi comuni curato dell’Ufficio Studi di Assogestioni. Ma a investire sono per il 41% gli appartenenti alla generazione dei Baby Boomers, i quali per il 70% prediligono le soluzioni a versamento unico (PIC). Nel caso di Millennials e Gen Z, oltre il 50% opta per i PAC, Piani d’Accumulo del Capitale. Una soluzione più conveniente, anche per via dei bassi redditi di cui soffrono le due generazioni: se i Boomers investono in media 53.000 euro, Millennials e Gen Z stanno tra i 12 e i 18mila euro.

Davanti a questi dati, è giusto però sottolineare che il futuro non è percepito positivamente. E il futuro è d’oro per chi investe. Fra 2 o 3 anni, sempre più persone mostrano preoccupazione per la ripresa e lo sviluppo del Paese, oltre che per i propri risparmi accumulati. Cala a sua volta la serenità di contesti come affetti stabili e lavoro. Ciononostante, rimane stabile la credenza che il risparmio sia sempre più decisivo per la crescita economica e per il rafforzamento di una società democratica: oltre il 75% è di questo avviso, contro il 21% di chi crede l’esatto opposto.