La strada verso il cosiddetto net zero sembra ancora lunga per molte aziende. Tra le numerose società quotate in Borsa che hanno annunciato piani per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, poche tanno effettivamente attuando misure concrete. Secondo quanto rivela il recente rapporto annuale di Net Zero Tracker, appena il 4% delle circa 2000 società presenti nell’indice Forbes 2000 sta aderendo ai criteri stabiliti dalle Nazioni Unite per i target di net zero.
Per valutare l’effettiva validità degli obiettivi di neutralità climatica, l’iniziativa “Race to Net Zero” delle Nazioni Unite ha definito una serie di parametri che dovrebbero garantire la coerenza e l’efficacia degli impegni aziendali. Tuttavia, la maggior parte delle grandi aziende globali sembra avere difficoltà a rispettare questi standard di qualità nelle proprie strategie e piani d’azione.
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Scope 3 e compensazioni di carbonio i punti più dolenti
L’analisi di Net Zero Tracker mostra che qualche miglioramento è stato fatto, ma la strada è ancora molto lunga. Da un lato, si può considerare un traguardo significativo il fatto che 1.003 imprese nell’elenco Forbes Global 2000 abbiano stabilito obiettivi di neutralità climatica, rappresentando un aumento del 40% rispetto a giugno 2022.
Il rapporto rivela che le entrate annuali complessive coperte da questi obiettivi di zero emissioni ammontano a 27 trilioni di dollari. Ciò sottolinea l’importanza dell’azione delle grandi aziende in questo settore. Tuttavia, emerge chiaramente che molti di questi obiettivi di net zero mancano di credibilità.
John Lang, responsabile del progetto Net Zero Tracker:
È emersa una linea chiara sulla sabbia per quanto riguarda l’obiettivo net zero. Innumerevoli obiettivi sono poco credibili, ma ora possiamo dire con certezza che la maggior parte delle più grandi società quotate al mondo si trovano sul lato giusto della linea sull’intento verso lo stop alle emissioni.
Un aspetto critico riguarda le cosiddette emissioni di “Scope 3”. Queste sono un tipo di emissioni di gas serra di tipo indiretto che si generano nella catena del valore di una società. Secondo il rapporto, soltanto il 37% delle aziende che si sono impegnate a raggiungere emissioni nette zero entro il 2050 sta includendo nel proprio piano l’analisi delle emissioni lungo l’intera catena del valore, comprese le emissioni di gas serra generate dai loro fornitori.
Altro ostacolo è l‘ampio ricorso alle compensazioni di carbonio, che consentono alle aziende di investire in progetti come la riforestazione e l’afforestazione per bilanciare le emissioni generate dalle loro attività. Tuttavia, spesso queste compensazioni si basano su standard di qualità scadente e dichiarano risultati di riduzione delle emissioni di CO2 che superano notevolmente la quantità effettivamente stoccata. Il rapporto del Net Zero Tracker conferma questa tendenza su scala globale: solo il 13% delle aziende nell’elenco Forbes2000 adotta criteri di alta qualità per le compensazioni di carbonio.
La situazione in Italia
Secondo Net Zero Tracker, tra le 2000 aziende analizzate 21 sono italiane, alcune più virtuose di altre in tema ambientale. Se tutte hanno posto un obiettivo per ridurre le emissioni di carbonio, solo due però hanno un piano preciso su come attuare queste riduzioni, ovvero Enel ed Eni. Secondo il report, anche Banca MPS risulta tra le aziende senza obiettivi chiari, anche se ad agosto la banca aveva annunciato i propri target net zero.
Altre imprese italiane stanno prendendo iniziative di primo piano per ridurre le emissioni di carbonio. Un esempio è l’azienda Snam, che nel 2020 ha presentato la strategia “Towards Net Zero” un piano volto a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2040. Questo obiettivo è stato fissato in anticipo rispetto agli obiettivi europei e nazionali, e si allinea con i target di contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C, come previsto dagli Accordi di Parigi siglati nel 2015.
Nel settore bancario invece, sono diverse le aziende che hanno posto come obiettivo quello del net zero. Banca Ifis, Monte dei Paschi, Banco BPM, BPER Banca, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e UniCredit hanno sottoscritto la Net-Zero Banking Alliance, un gruppo composto da più di 130 banche nel mondo che si sono poste l’obiettivo di ridurre le emissioni di carbonio.
La sezione inglese dell’azienda Leonardo nel 2021 aveva presentato un piano per il raggiungimento del net zero entro il 2030, ma solo per il contenimento del Scope 1 e 2, ovvero le emissioni dirette delle aziende, e non per le Scope 3.
La lunga corsa verso le emissioni zero dei grandi Paesi
Nel 2020, più di 110 paesi avevano già annunciato l’impegno a raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero entro il 2050. Nel frattempo, la Cina, il principale emettitore di gas serra, aveva fissato il 2060 come data per raggiungere le emissioni zero. La neutralità carbonica comporta che, sebbene vengano ancora prodotte alcune emissioni di gas serra, queste vengono compensate attraverso azioni o tecnologie in altri settori, portando a un risultato di emissioni nette zero.
Finora solo 6 paesi (Benin, Bhutan, Comore, Guyana, Gabon e Suriname) hanno raggiunto il target di emissioni negative di anidride carbonica, mentre altri Paesi hanno approvato accordi legalmente vincolanti, proposte di legge o piani d’azione. Quest’ultimi sono finora 27, tra cui Svezia, Regno Unito, Francia, Danimarca, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda e Ungheria. E l’Italia? Al momento è assieme al gruppo di stati che non hanno approvato proposte di legge a tema ambientale, come Russia, Arabia Saudita, Brasile, India e Cina.