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WeWork è fallita: l’azienda si appella al Chapter 11

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Nel 2019 era l’azienda che poteva vantare il maggior numero di uffici in tutta Manhattan, un esempio dell’aspirazione all’American Dream che aveva affascinato anche Wall Street e la Silicon Valley. Ma dopo 4 anni per WeWork, la società del coworking di New York, il sogno è arrivato al capolinea. La gigantesca impresa specializzata nella fornitura di spazi di lavoro condivisi è stata costretta a dichiarare bancarotta, segnando la fine di un percorso che, prima della pandemia, sembrava destinato a un successo senza fine.

Una bancarotta arrivata dopo anni di evidenti difficoltà finanziarie, che hanno avuto inizio già nel 2019. Nel giro di pochi mesi, la società ha abbandonato i piani di un IPO (che si è concretizzata solo due anni dopo) e si è trovata ad affrontare il licenziamento di migliaia di dipendenti, oltre al bisogno di essere salvata con miliardi di dollari. Un segnale eloquente di quanto successo e stabilità finanziaria non sempre navighino sulla stessa rotta.

Fondata nel 2010 a New York con l’idea di creare ambienti in cui aziende e dipendenti diversi si possano riunire e lavorare, la società oggi conta 777 sedi sparse in 39 Paesi, che supportavano circa 906mila postazioni di lavoro. In Italia sono cinque e tutte concentrate a Milano.

La società si appella al Chapter 11

Nei giorni scorsi le voci che vedevano l’azienda vicina ad appellarsi al “Chapter 11″, una procedura d’insolvenza prevista dal codice americano finalizzata alla riorganizzazione erano diventate sempre più insistenti, dopo che WeWork non era riuscita a pagare per tempo gli interessi dovuti ai suoi obbligazionisti.

In una nota sul sito, la società ha dichiarato che questa misura avrà un impatto sulle sue operazioni negli Stati Uniti e in Canada, ma si prevede che le operazioni globali continueranno senza cambiamenti significativi. L’amministratore delegato, David Tolley, nel comunicato afferma:

Ora è il momento per noi di portare avanti il futuro affrontando in modo aggressivo i nostri contratti di locazione preesistenti e migliorando notevolmente il nostro bilancio. Abbiamo definito una nuova categoria di lavoro e questi passi ci consentiranno di rimanere leader globali nel lavoro flessibile

A inizio agosto, WeWork aveva già accennato al fatto che c’erano timori sulla sopravvivenza. L’azienda ha chiuso i primi sei mesi del 2023 con una perdita netta di 696 milioni di dollari. E proprio in occasione dei dati semestrali, l’azienda ha sollevato “dubbi sostanziali” circa la sua capacità di continuare l’attività e ha messo in evidenza le criticità del momento.

Perché WeWork dichiara fallimento

La dichiarazione di bancarotta da parte di WeWork rappresenterebbe una svolta drammatica per l’azienda, che nel 2019 era stata valutata 47 miliardi di dollari. Questo evento rappresenterebbe anche un colpo duro per il suo principale investitore, SoftBank, che aveva iniettato miliardi di dollari in questa ex-startup.

Nel recente passato, l’azienda ha dovuto affrontare numerose sfide, tra cui la pandemia e l’adozione diffusa del lavoro intelligente. Tuttavia, l‘incremento dei tassi di interesse potrebbe aver rappresentato l’ultimo colpo decisivo per l’azienda newyorchese, considerando che l’intero settore immobiliare commerciale sta affrontando costi di finanziamento più elevati.

La strada del fallimento spesso rappresenta l’unica opzione per le aziende con contratti di locazione costosi, poiché la legge statunitense consente alle imprese insolventi di liberarsi di tali contratti onerosi, altrimenti difficili da rescindere. Visto che WeWork aveva molti uffici grandi, spaziosi e in pieno centro cittadino, è facile immaginare che l’azienda ha diversi contratti di questo tipo. Proprio i contratti di locazione a lungo termine e l’offerta di spazi di lavoro in affitto a breve termine sono stati il motivo per cui l’azienda nel 2019 non è riuscita a quotarsi in Borsa, dato che alcuni investitori erano scettici riguardo al modello di business di WeWork.

La pandemia e il crollo del coworking: le altre aziende che hanno chiuso

Il 2020 ha poi visto l’arrivo della pandemia da Covid-19, che ha rivoluzionato il mondo del lavoro e ha messo così in difficoltà le aziende che facevano della condivisione di spazi il loro core business. Anche Knotel e le filiali di IWG Plc, due aziende di coworking, hanno dichiarato bancarotta rispettivamente nel 2021 e nel 2020. Durante questo periodo, WeWork ha dovuto fare i conti con la fuga degli inquilini che cercavano di liberarsi dai contratti di locazione. Infine, l’azienda è riuscita a essere quotata in borsa nel 2021, ma con una valutazione notevolmente inferiore rispetto a quella iniziale.

Nonostante WeWork abbia raggiunto un ampio accordo di ristrutturazione del debito all’inizio del 2023, l’azienda è rapidamente affondata, afflitta da contratti di locazione insostenibili e uffici sempre più vuoti.