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(WSI) –
Anche ieri le borse hanno «festeggiato» il ribasso di mezzo punto dei tassi di interesse deciso martedì sera dalla Federal Reserve. I forti rialzi dei listini azionari inducono a ritenere che la crisi scoppiata ad agosto sia già stata superata o che sia prossima alla conclusione. Questo giudizio appare però, almeno per il momento, azzardato. Infatti il sospiro di sollievo dei mercati azionari non sembra ancora essersi esteso al mercato interbancario e al mercato monetario, che sono al centro delle attuali tensioni. La crisi finanziaria sarà superata quando le banche ricominceranno ad avere fiducia l’una nell’altra e quindi riprenderanno a prestarsi i soldi e quando i tassi sul mercato monetario, ossia i tassi a breve, scenderanno riavvicinandosi ai tassi guida definiti dalle banche centrali. Le continue immissioni di decine e decine di miliardi da parte delle banche centrali permettono alle banche di avere la liquidità che non possono più raccogliere sul mercato monetario o prendendola a credito dalle altre banche. Permettono inoltre di assorbire e di rifinanziare i titoli a breve che giungono a scadenza sul mercato monetario.
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Così nel giro di poche settimane abbiamo assistito ad una forte contrazione del mercato monetario e ad un allargamento dell’esposizione diretta delle banche. Ora è evidente che la riduzione del costo del denaro, che si aggiunge alle continue immissioni di liquidità operate dalle banche centrali, allenta le tensioni, ma non può risolvere la crisi. Infatti l’attuale è solo apparentemente una crisi di liquidità, che si supera appunto con questo tipo di interventi. In realtà, essa è una crisi determinata dallo scoppio di un’enorme bolla del credito, che ha creato una grande sfiducia tra le stesse banche e soprattutto sugli strumenti utilizzati per finanziare questi crediti. Non a caso è partita proprio dal mercato dei mutui ipotecari più a rischio americani, si è poi estesa al mercato monetario per infine toccare la stessa «credibilità» del sistema bancario.
Il cuore del problema non è dunque che mancano i soldi (o la liquidità), per cui le iniezioni di capitali operate dalle banche centrali sono risolutive. Il problema è che i soldi ci sono, ma pochi si fidano di usarli per sottoscrivere titoli di dubbia affidabilità per paura di essere quelli che dovranno incassare delle perdite. E’ anche una crisi che tocca l’economia reale. Non è casuale che al centro dell’attuale crisi vi sia il mercato immobiliare. Infatti, i bassi tassi di interesse dell’inizio di questo decennio e la «liquidità artificiale» creata dalla nuova ingegneria finanziaria negli ultimi anni hanno prodotto ovunque (non solo negli Stati Uniti) un boom edilizio e un’impennata dei prezzi degli immobili. Negli Stati Uniti questa bolla immobiliare ha iniziato a scoppiare a causa del forte aumento delle insolvenze dei creditori più a rischio (quelli suprime) e a determinare una discesa dei prezzi dell’intero mercato immobiliare. E data l’importanza dell’edilizia e del settore immobiliare sull’intera economia americana si sono già cominciati a manifestare chiari segni di rallentamento della crescita.
Le immissioni di liquidità delle banche centrali e anche la riduzione dei tassi decisa dalla Federal Reserve servono per evitare un impressionante contrazione del credito e si propongono di ridurre il costo del denaro, che a causa della crisi è lievitato. L’obiettivo è far ripartire il mercato monetario e quello interbancario. Questi interventi non possono però risolvere il problema di chi si accollerà le perdite delle insolvenze e/o delle forti perdite di valore di molti titoli attualmente in circolazione. La faccenda viene complicata ulteriormente dal fatto che non si sa chi detiene questi titoli e soprattutto dal fatto che questi titoli sono stati impacchettati in strumenti finanziari complessi per cui è difficile anche il calcolo del loro valore odierno.
Nessuno sa quanti sforzi saranno ancora necessari e quanto tempo ci vorrà per raggiungere questo obiettivo. Ma questa è solo una tappa intermedia, poiché vi saranno da assorbire le perdite e soprattutto da evitare che il rallentamento dell’economia statunitense si trasformi in una recessione. Per questi motivi è probabile che la Federal Reserve sarà costretta a tagliare ancora i tassi (i mercati scommettono su una riduzione al 4% dei Fed funds) e ci sarà da capire quale influenza avranno questi ribassi dei tassi americani su un dollaro già oggi ai minimi storici rispetto all’euro. Le incognite sono numerose e riguardano anche l’economia europea che sicuramente risentirà le conseguenze della crisi, anche perché in alcuni paesi, come Spagna e Gran Bretagna, gli eccessi del mercato immobiliare fanno ritenere che questa enorme bolla del credito non sia solo un fenomeno americano.
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