Si è concluso ieri, in un’antica proprietà a 40 chilometri a sud di San Francisco, dopo più di 4 ore seduti a due metri l’uno dall’altro, l’incontro faccia a faccia tra i presidenti di Stati Uniti e Cina, Joe Biden e Xi Jinping, per colmare un buco di fiducia reciproca mai così profondo da quando, nel 1979, le due potenze iniziarono le loro relazioni diplomatiche. E’ finito all’insegna della franchezza il faccia a faccia tra i leader dei due Paesi: “credo che siano state le discussioni più costruttive e produttive che abbiamo mai avuto”, ha affermato Biden. Dal loro primo incontro in persona in un anno, solo il secondo da quando Biden è entrato alla Casa Bianca nel gennaio 2021, il Commander in Chief porta a casa alcuni risultati, di cui 3 i principali.
Il primo, la ripresa della cooperazione in chiave anti narcotici. La Cina si impegna a frenare l’esportazione di ingredienti chimici necessari per produrre il Fentanyl, un oppiaceo sintetico 50 volte più potente dell’eroina e 100 volte di più della morfina. Una quantità equivalente a 3 grammi di sale può essere letale.
Secondo risultato, la ripresa delle comunicazioni militari, interrotte dalla Cina dopo la visita a Taiwan nell’agosto 2022 dell’allora Speaker democratica alla Camera Nancy Pelosi: “Siamo tornati a comunicazioni dirette, aperte, chiare su base diretta”, ha specificato Biden.
Terzo risultato, l’avvio di un dialogo sull’intelligenza artificiale per evitare che sia usata in modi che minacciano la sicurezza globale. Il pensiero va alle armi, ma su questo nulla di specifico. Dal canto suo la Cina ottiene un aumento dei voli commerciali tra i due Paesi e, cosa cruciale, la conferma della politica americana di una sola Cina. In pratica, Washington riconosce lo status quo a Taiwan, dove però non vuole interferenze di Pechino nelle elezioni presidenziali del 13 gennaio prossimo. Xi ha escluso un’invasione dell’isola che considera parte del territorio cinese, aspirando a una riunificazione pacifica. Biden ha evitato di confermare se, in caso di attacco, ordinerebbe davvero l’intervento militare a difesa di Taipei.
Sollevate invece lamentele da parte di Jinping per i dazi imposti da Donald Trump nel 2018 e ancora in vigore per le restrizioni all’export americano di tecnologie di alto livello e per il divieto di investimenti americani nel quantum computing, nei chip avanzati e nell’intelligenza artificiale cinesi, anche per timore che vengano utilizzati a scopi militari. “Sopprimere la tecnologia cinese equivale a contenere lo sviluppo di alta qualità della Cina e a privare il popolo cinese del suo diritto allo sviluppo”, ha ribadito Xi Jinping.
Xi Jinping ha poi aggiunto che la Cina “non ha intenzione di superare o sostituire gli Stati Uniti e gli Stati Uniti non dovrebbero sopprimere o contenere la Cina”. Per due Paesi grandi come la Cina e gli Stati Uniti, voltare le spalle a vicenda non è un’opzione, è non realistico che una parte rimodelli l’altra, il pianeta Terra è grande abbastanza perché i due Paesi abbiano successo e il successo di un Paese è un’opportunità per l’altro.
Una cosa è certa: se i due leader hanno qualcosa da dirsi da oggi possono alzare il telefono per confrontarsi e questo è un passo avanti. Alla fine della giornata, caduta di stile di Biden, rispondendo a chi gli ha chiesto se considera ancora Xi Jinping un dittatore (riferendosi a un commento fatto da Biden a giugno): “E’ un dittatore nel senso che è un uomo che guida un Paese che è un Paese comunista basato su una forma di Governo totalmente diversa dalla nostra”.