Nella giornata di ieri, la Corte Suprema del Colorado ha stabilito che Donald Trump non potrà partecipare alle primarie del Partito Repubblicano nello stato per scegliere il candidato alle elezioni presidenziali del 2024, dichiarandolo ineleggibile dato il suo coinvolgimento nell’assalto al Congresso del 6 gennaio del 2021.
Con una maggioranza di 4 contro 3, per la Corte Suprema dello Stato Trump avrebbe violato la Sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione, una clausola risalente alla Guerra civile americana secondo cui chiunque sia stato coinvolto in insurrezioni o rivolte contro lo Stato dopo aver prestato giuramento sulla Costituzione non può più ricoprire incarichi pubblici. La decisione però è stata temporaneamente sospesa fino al 4 gennaio, il giorno prima della pubblicazione delle liste elettorali per le primarie, per consentire a Trump di presentare ricorso alla Corte Suprema degli Stati Uniti, che dovrà esprimersi sul caso. L’entourage di Trump ha già annunciato l’intenzione di appellarsi alla Corte.
Il magnate è il principale candidato alla nomina repubblicana, con i sondaggisti che lo danno in testa a più del 60%, contro il secondo in classifica, Ron DeSantis, staccato al 12%.
La decisione della Corte Suprema del Colorado contro Trump
La sentenza non avrà quindi effetto immediato, per dare a Trump il tempo di presentare appello. Questo significa che l’ex presidente potrebbe ancora essere incluso nelle votazioni in Colorado. Inoltre non è dal “Centennial State” (come viene chiamato il Colorado) che passano le probabilità di vittoria nelle primarie repubblicane. Lo Stato ha storicamente votato per i candidati democratici nelle ultime quattro elezioni e non è considerato determinante per la vittoria finale. Qui nel 2020, ad esempio, Trump ha perso contro Biden di ben 13 punti percentuali.
Ma quello che potrebbe far preoccupare l’ex presidente è che altri Stati seguano l’esempio, considerando le circostanze. In precedenza, casi simili presentati in Minnesota, New Hampshire e Michigan nelle settimane scorse non hanno avuto successo.
Come legifererà la Corte Suprema?
La Corte Suprema non ha ancora reso pubblica alcuna dichiarazione in merito al caso. I nove giudici potrebbero addirittura decidere di respingere la richiesta di revisione, anche se questa eventualità risulta improbabile dato che la questione sollevata riguarda un problema di costituzionalità che solo la Corte Suprema può dirimere.
Corte che però è composta da sei giudici conservatori su nove, di cui tre nominati da Donald Trump stesso durante il suo mandato presidenziale. I sei conservatori, e quindi nominati negli anni da presidenti repubblicani, sono John G. Roberts, Jr. (Giudice capo), Clarence Thomas, Samuel A. Alito, Neil M. Gorsuch, Brett M. Kavanaugh e Amy Coney Barrett, mentre i tre nominati da presidenti democratici sono Sonia Sotomayor, Elena Kagan e Ketanji Brown Jackson.
Vista la maggioranza di giudici repubblicani, molti esperti reputano che la Scotus si esprimerà a favore di Trump. Non sempre i sei giudici si sono dimostrati fedeli a lui e agli ideali repubblicani: secondo quanto riportato dal Washington Post, il giudice Neil Gorsuch, primo nominato da Trump nel 2017, in una sentenza del 2012 emanata dalla decima Corte distrettuale di cui faceva parte all’epoca, ha difeso “l’interesse legittimo di uno Stato a proteggere l’integrità e il funzionamento del processo politico”, consentendo di conseguenza “l’esclusione dalla scheda di un candidato costituzionalmente interdetto dai pubblici uffici”.
Anche Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett, entrambi nominati da Trump, non si sono dimostrati sempre in sintonia con l’ex presidente nelle loro decisioni, soprattutto su questioni come tasse e immigrazione. Anche il giudice capo John Roberts è più spesso considerato come un “centrista” della Corte, e le sue decisioni possono essere difficili da interpretare in termini di allineamento politico. Per esempio, il fatto che non si sia unito ai suoi colleghi nella dichiarazione di voto della sentenza Dobbs v. Jackson del 2022, che ha negato l’esistenza del diritto all’aborto nella Costituzione.
Quindi, nonostante in molti pensano che la Corte Suprema si esprimerà a favore di Trump, non è detto che ciò potrebbe davvero accadere.
Di cosa parla la Sezione 3 del 14° emendamento e perchè Trump potrebbe risultare vincitore
Gli avvocati di Trump hanno annunciato che faranno ricorso alla Corte Suprema federale, che dovrà così esprimersi su una questione legale piuttosto complessa. Ad esempio il fatto se la Sezione 3 sia applicabile al Presidente e se possa bloccare anche la semplice candidatura a un ruolo pubblico, non essendoci alcuna incriminazione definitiva per Trump per i fatti di Capitol Hill del 6 gennaio.
La Sezione 3 del 14° emendamento della Costituzione statunitense è una norma approvata nel 1868 in un contesto particolarissimo, cioè tre anni dopo la fine della Guerra civile americana, e da allora quasi mai invocata, pensata per evitare che politici sudisti che avevano avuto ruoli nel tentativo di secessione che aveva causato la guerra civile potessero tornare ad avere incarichi e ruoli pubblici. Brevemente, il testo dice:
Nessuno potrà essere Senatore o Rappresentante nel Congresso, o elettore per il Presidente e il Vicepresidente o potrà tenere qualsiasi incarico, civile o militare, presso gli Stati Uniti o presso qualsiasi Stato, se, avendo previamente prestato giuramento – come membro del Congresso o come funzionario degli Stati Uniti o come membro del Legislativo di uno Stato o come funzionario amministrativo o giudiziario in uno Stato – di difendere la Costituzione degli Stati Uniti, abbia preso parte a un’insurrezione o ribellione contro di essi o abbia dato aiuto o sostegno ai loro nemici. Ma il Congresso può, col voto dei due terzi di ciascuna Camera, rimuovere questa causa di interdizione.
I sostenitori di Trump e i suoi giudici affermano che il testo non menziona esplicitamente il ruolo di Presidente. Inoltre, si dibatte anche sulla natura dell’insurrezione e il coinvolgimento di Trump. Diversi procedimenti legali sono in corso, tra cui uno che vede l’ex presidente fra gli imputati. Le difese di molti accusati argomentano che l’evento non costituisse un’insurrezione, ossia un atto giuridicamente specifico e ben definito, mentre il coinvolgimento concreto di Trump, che non era fisicamente presente tra gli assalitori, è uno dei punti centrali del processo.
Non è la prima volta che nelle aule di tribunale si parla della Sezione 3: un anno fa Madison Cawthorn e Marjorie Taylor Greene, entrambi partecipanti al corteo del 6 gennaio che successivamente sfociò nell’assalto al Congresso, vennero candidate al Congresso dei Repubblicani, nonostante fossero stati aperti dei procedimenti contro di loro. Taylor Greene venne successivamente eletta. Ma di contro, un giudice del New Messico rimosse Couy Griffin dal suo incarico di commissario di contea a causa della sua partecipazione all’assalto del 6 gennaio.