Mercati

Investimenti, educarsi per sbagliare meno

Il livello di educazione finanziaria degli italiani è basso. Eppure basterebbe poco per evitare quei tipici errori che inficiano le performance di lungo periodo. Quali? Vediamo qualche esempio

di Fabrizio Crespi

La perfezione non esiste, questo lo sappiamo. Ma migliorarsi si può e si deve (almeno per amor proprio). E difatti, chi più chi meno, frequentiamo scuole, guardiamo i tg, leggiamo giornali e libri, partecipiamo a corsi di formazione, cerchiamo sul web o sui social tutorial che ci insegnano a fare cose, fosse anche una semplice ricetta di cucina. Al minimo chiediamo informazioni ad un amico. In generale, vogliamo sapere e conoscere cose nuove.
Purtroppo, tutto questo sembra però svanire quando si tratta di educarsi agli investimenti e alla pianificazione finanziaria. Il triste refrain, periodicamente sottolineato dalle analisi della Consob, è che il livello di educazione finanziaria degli italiani è basso. Eppure basterebbe poco per evitare quei tipici errori che inficiano le performance di lungo periodo. Quali? Vediamo qualche esempio.

Gli errori da evitare.

Iniziamo con l’Immobilismo: i 1.750 miliardi di euro (dato Abi ottobre) ancora fermi sui conti correnti e sui depositi a breve testimoniano la generale ritrosia degli italiani a prendersi il rischio, o forse semplicemente la fatica, di investire. Eccessiva avversione alle perdite: nessuno vuole perdere denaro, ma l’eccessiva paura porta ad un’errata percezione del rischio.
Cosa può farci veramente perdere quando investiamo? I motivi sono essenzialmente tre. La mancata diversificazione degli investimenti, purtroppo uno degli errori ancora più ricorrenti: se non guidati da un consulente finanziario, gli individui tendono ad investire in pochi titoli e prevalentemente domestici (home bias). L’errato coordinamento tra investimenti ed orizzonte temporale: se investo ripetutamente ad un anno per venti anni mi sembra di rischiare meno, ma in realtà il rendimento a breve che ottengo non è, statisticamente, in grado di coprire l’inflazione. Se invece investo a lungo termine, ad esempio in azioni, ma dopo sei mesi ho bisogno di disinvestire, può essere che debba vendere in perdita.
L’inflazione: se nel lungo periodo non ottengo un rendimento reale positivo mi sto impoverendo, anche se nominalmente mi sembra di avere gli stessi soldi di prima.
Panic selling: quando i mercati crollano la paura spinge a vendere, proprio nel momento in cui sarebbe invece interessante comprare. Peggio ancora quando si tenta con il market timing, pensando di sapere il momento giusto per entrare ed uscire dal mercato: meglio stare sempre investiti. Non occorre una laurea per essere un investitore intelligente. Basta un po’ di educazione, un po’ di disciplina, un buon consulente finanziario. E soprattutto un piano di accumulo (Pac) che consente di dilazionare nel tempo gli acquisti sui mercati.

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di gennaio 2024 del magazine Wall Street Italia. Clicca qui per abbonarti.