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E’ DRAGHI LA NUOVA PAURA DI BERLUSCONI

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(WSI) – Nel quartier generale berlusconiano si vive in queste ore come alla vigilia della battaglia decisiva. Ogni voce, anche la più piccola, arriva amplificata e basta a provocare scompiglio. Se ormai viene data per certa la fine dell´esecutivo Prodi, a destare preoccupazione in Berlusconi è infatti l´ipotesi che si faccia strada, – sostenuto dal Pd, dall´Udc, dai centristi della maggioranza e magari anche da schegge dell´opposizione – un governo tecnico, che allontani il voto almeno fino alle europee del 2009. Una prospettiva «impraticabile» per il Cavaliere, che tuttavia inizia a materializzarsi all´orizzonte con le sembianze di Mario Draghi.

«Temo, anzi ne sono certo, che Napolitano le tenterà tutte pur di non sciogliere le Camere», è il ritornello che l´ex premier ripete a tutti i suoi interlocutori, «ma questa volta tutta l´opposizione salirà al Quirinale compatta per chiedere elezioni». Se questi sono i timori del Cavaliere, si può comprendere perché ieri pomeriggio, quando le agenzie hanno riportato quei giudizi così lusinghieri del capo dello Stato sul grande «equilibrio» e sulla «capacità di indirizzo» del Governatore della Banca d´Italia, in Forza Italia sia immediatamente scattato l´allarme rosso.

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Se Draghi è l´incubo all´orizzonte, la speranza paradossalmente può anche vestire i panni di Walter Veltroni. Sì, perché nel centrodestra molti sono ormai convinti che il principale alleato nel spingere il Paese al voto sia proprio il leader del Pd. «Personalmente – ragiona Mario Valducci, uno della cerchia stretta di Berlusconi – credo che a Veltroni convengano le elezioni anticipate. Certo, potrebbe perdere, ma anche noi sappiamo che non straperderebbe. Al massimo, e intendo se noi vincessimo il premio di maggioranza anche nelle regioni rosse, avremmo un vantaggio di 25 senatori. Per di più con uno come Casini in maggioranza».

C´è un altro elemento che rafforza la convinzione dei forzisti di avere Veltroni dalla loro parte, l´attuale legge elettorale con le liste bloccate. «Il ministro Chiti – confida un altro dei collaboratori del Cavaliere – ci ha detto che anche lui sospetta che Veltroni voglia andare al voto con questa legge, perché così si fa le liste a sua immagine e somiglianza». Gianni Alemanno, che Veltroni lo ha potuto saggiare nella scorsa campagna per le comunali di Roma, aggiunge un altro tassello: «Se si va alle elezioni subito, e il centrosinistra perde, lui può sempre dire: mi sono appena insediato, la colpa della sconfitta non è mia. Insomma, non farebbe certo la fine di Rutelli».
Il sospetto che il sindaco di Roma abbia in testa solo uno schema elettorale si sta radicando anche in casa Udc, soprattutto dopo l´ultimo colloquio tra Casini e Veltroni. «E´ venuto a proporci il sistema elettorale spagnolo – raccontano i centristi – ma Casini gli ha risposto: no grazie, vogliamo il tedesco. Se non ci offrite più nulla non ci resta che favorire la deriva di Berlusconi verso le urne».

In questo gioco di specchi, l´unica certezza è che Berlusconi – se davvero ha delle carte segrete in mano – al momento le tiene coperte. I due senatori che nelle ultime ore venivano accreditati come a un passo dal ribaltone – il diniano Giuseppe Scalera e l´ex ulivista Roberto Manzione – hanno infatti smentito seccamente qualsiasi tentazione. «Quello di Berlusconi – si arrabbia Scalera – è solo il tentativo di creare scompiglio, è una sorta di strategia della tensione per generare confusione nella maggioranza». Roberto Manzione suona sullo stesso spartito: «Io sono prodiano da sempre, potrei semmai rinunciare alla politica ma non farei mai una cosa del genere. Con Prodi ho parlato anche ieri sera, dire che potrei passare con Berlusconi è come dire che Marini può andare con Fini».

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