Entro i prossimi 10 anni la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Italia è destinata a diminuire di 3 milioni di unità (-8,1%): si passerà così da poco meno di 37,5 milioni di unità attuali a 34,5 milioni del 2034. Colpa prima di tutto del progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, molte regioni subiranno un autentico “spopolamento”, anche di potenziali lavoratori, soprattutto nel Mezzogiorno. L’allarme arriva dalla l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat.
I settori più colpiti
L’analisi sottolinea inoltre che che con pochi under 30 e una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi, provocando una contrazione strutturale del Pil.
Con una propensione alla spesa molto più contenuta della popolazione giovane, una società costituita prevalentemente da persone in età avanzata rischia di ridimensionare il giro d’affari del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa). Al contrario saranno le banche a sorridere: data la maggiore predisposizione al risparmio, le persone più anziane dovrebbero aumentare la dimensione economica dei propri depositi.
“Chi spera in una inversione del trend demografico rischia di rimanere deluso. Purtroppo, non ci sono misure in grado di cambiare segno a questo fenomeno in tempi ragionevolmente brevi. E nemmeno il ricorso agli stranieri potrà “risolvere” la situazione. Pertanto, dobbiamo rassegnarci a un progressivo rallentamento, anche del Pil. Senza contare che una società con meno giovani e più anziani dovrà fronteggiare un’impennata della spesa previdenziale, di quella sanitaria e di quella assistenziale da far tremare i polsi” fa notare l’ufficio studi della CGIA di Mestre.
Meno lavoratori soprattutto al Sud
Entrando nel dettaglio dell’analisi, le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Sud. Lo scenario più critico interesserà la Basilicata che entro il prossimo decennio subirà una riduzione di questa platea di persone del 14,6 per cento (-49.466 persone). Seguono la Sardegna con il -14,2 per cento (-110.999), la Sicilia con il -12,8 per cento (-392.873), la Calabria con il -12,7 per cento (-147.979) e il Molise con il -12,7 per cento (-22.980). Per contro, le regioni meno interessate da questo fenomeno saranno la Lombardia con il -3,4 per cento (-218.678), il Trentino Alto Adige con il -3,1 per cento (-21.368) e, infine, l’Emilia Romagna con il -2,6 per cento (-71.665).
Si legge nello studio:
“Già oggi molte imprese, anche del Sud, denunciano la difficoltà di trovare personale preparato da inserire nel proprio organico. Nonostante ciò, il Mezzogiorno potrebbe avere meno problemi del Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il primo, avendo tassi di disoccupazione e di inattività molto elevati, potrebbe colmare, almeno in parte, i vuoti occupazionali che interesseranno soprattutto il settore agroalimentare e quello ricettivo (hotel, ristoranti e caffetteria). E’ altresì evidente che tante imprese, soprattutto di piccola dimensione, saranno costrette a ridimensionare gli organici perché impossibilitate ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni nel scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese che, questi benefici, non possono erogarli”.
Più giovani nei territori dove ci sono più stranieri
Dall’analisi per territorio, emerge che tutte le province saranno coinvolte nel fenomeno. Tranne una, la provincia di Prato, che registrerà una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +0,75 per cento). Il risultato positivo – spiegano dalla CGIA – è riconducibile al fatto che, tra le altre cose, queste realtà territoriali presentano un tasso della popolazione straniera su quella residente molto elevata, abbassando così l’età media e incidendo positivamente sulle nascite
Tutte le altre 106, invece, presenteranno un saldo anticipato dal segno meno. Sempre secondo le stime elaborate dall’ufficio studi della CGIA su dati dell’Istat, tra il 2024 e il 2034 sarà Agrigento la provincia italiana che registrerà la recessione demografica della popolazione lavorativa più importante: -22,1 per cento pari, in termini assoluti, a -63.330 unità. Seguono Ascoli Piceno con -19,6 per cento (-26.970), Caltanissetta con -17,9 per cento (-28.262), Enna con -17,7 per cento (-17.170), anche Alessandria con -17,7 per cento (-48.621), Nuoro con il -17,6 per cento (-21.474), Sud Sardegna con il -17,5 per cento (-35.662) e Oristano con il -16,9 per cento (-15.482).
Tra i territori che, invece, sentiranno meno degli altri il calo demografico dei lavoratori attivi segnaliamo Milano con il -2 per cento (-41.493), Bologna con il -1,1 per cento (- 6.928), Parma con il -0,3 per cento (-883).