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(WSI) –
La Federal Reserve ha tagliato ieri sera di un quarto di punto i tassi di interesse americani. La banca centrale ha anche fatto intendere che continuerà ancora a ridurre il costo del denaro per evitare che l’economia americana cada in recessione o subisca un forte rallentamento. La politica della Federal Reserve è un importante tassello di un insieme di provvedimenti tesi, da un canto ad arginare la crisi del mercato immobiliare americano affinché quest’ultima non incida negativamente sui consumi e, dall’altro, ad evitare una crisi del sistema bancario dovuta alla perdita di valore dell’enorme quantità di titoli in circolazione con cui sono stati finanziati non solo i mutui ipotecari più a rischio, ma anche l’enorme volume di crediti erogati negli ultimi anni.
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Quindi, si deve agire contemporaneamente su due fronti: da un lato, bisogna evitare che il peggioramento delle condizioni di salute dell’economia reale aumenti la quantità dei crediti inesigibili e la caduta dei prezzi degli immobili e quindi peggiori ulteriormente la crisi del sistema bancario e, dall’altro, occorre creare le condizioni perché le banche riescano a digerire le loro perdite senza destabilizzare l’intero sistema. I pezzi del puzzle sono a questo punto chiari.
Il primo è una forte riduzione dei tassi di interesse e la disponibilità delle banche centrali di approvvigionare di liquidità il sistema bancario occidentale. Gli effetti di questa politica monetaria sulla crescita economica non sono ancora chiari. È invece già certo un suo parziale fallimento: non è ancora riuscita ad allentare la tensione sul mercato monetario ed interbancario, dove la differenza con i tassi base non è stata così ampia nemmeno nei giorni più bui della crisi, ossia nello scorso mese di agosto.
Il secondo tassello è il piano dell’amministrazione Bush di mettere un tetto all’aumento dei tassi ipotecari per evitare un’esplosione del numero dei pignoramenti e un’accelerazione della crisi del mercato immobiliare. Questo provvedimento risponde più a logiche di demagogia politica piuttosto che a ragioni economiche. Infatti si stima che ne potrebbero beneficiare circa 300mila famiglie, ben poche rispetto alle famiglie, si stima attorno ai 2 milioni, che sono a rischio di vedersi pignorare la propria casa. Inoltre questo provvedimento ha scarsa o punto influenza sui prezzi delle case che per la prima volta dalla Grande Depressione degli anni Trenta sono in calo in tutti gli Stati dell’Unione per ogni tipologia di oggetto immobiliare.
Il terzo tassello è una ricapitalizzazione del sistema bancario facendo ricorso ai fondi sovrani dei paesi asiatici e del Medio Oriente e, ove ancora non bastasse, la creazione di un veicolo finanziario speciale (chiamato SuperSiv), dove parcheggiare i titoli finanziari legati ai mutui subprime per dare tempo alle banche di smaltire le perdite. La crisi del sistema bancario è infatti talmente grave da spazzar via il «protezionismo finanziario» invocato da governi ed ambienti finanziari per impedire che i gioielli di famiglia dell’Occidente cadano in mano agli Stati arabi e a quelli asiatici. Detta in altro modo, la crisi creata dalla grande finanza fa sì che questa stessa grande finanza è costretta ad andare ad implorare l’aiuto di questi paesi, come hanno già fatto UBS, l’americana Citigroup, la belga-olandese Fortis ed altre ancora.
Dal successo di questo piano americano dipendono anche le sorti di alcune grandi banche, come UBS. Infatti, se questo programma non avesse successo, le perdite della maggiore banca svizzera non si limiterebbero agli 11 miliardi di franchi, annunciati lunedì scorso, e ai 4 miliardi di franchi già iscritti nei conti del terzo trimestre. Inoltre, molto probabilmente non basterebbe nemmeno la ricapitalizzazione della banca attuata grazie agli 11 miliardi di franchi dello Stato di Singapore e ai 2 miliardi di un investitore del Medio Oriente.
Sta di fatto che le perdite di UBS in queste operazioni le pageremo un po’ tutti. La tassa sarà una perdita di gettito fiscale di alcune centinaia di milioni. Per il solo Canton Ticino la perdita di gettito supererà i 20 milioni di franchi, cui devono aggiungersi le perdite dei Comuni ed in particolare quelle di Lugano (attorno ai 13 milioni di franchi), Manno e Chiasso. Dunque la crisi dei mutui subprime non è una faccenda d’oltre Atlantico che ci tocca solo di striscio. Essa si manifesta anche da noi e le perdite di UBS sono solo l’inizio di questa vicenda, il cui epilogo dipenderà dall’evoluzione della crisi del mercato immobiliare americano e dall’entità del rallentamento dell’economia statunitense. I dati contrastanti provenienti dagli Stati Uniti non permettono ancora di capire come si concluderà questa crisi causata dalle grandi banche internazionali e dai diabolici meccanismi della nuova ingegneria finanziaria. Ma in ogni caso è certo che vi saranno nuove spiacevoli sorprese.
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