Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
(WSI) –
Parola di guru. O meglio di John Murphy, uno dei padri dell’analisi tecnica, considerato anche l’inventore dell’analisi intermarket. «Lo studio delle relazioni fra le varie asset class rimane assolutamente valida, anche se alcune correlazioni col passare del tempo si sono modificate». La premessa, perfino ovvia, è che tutti i mercati sono collegati; ma non per questo è sempre facile capire. In pratica ciò che avviene da una parte ha ripercussioni altrove. Un processo che certamente la globalizzazione finanziaria ha accentuato. I mercati in questione sono essenzialmente quattro: materie prime, valute, obbligazioni e titoli azionari.
Mr. Murphy, ci può fare qualche esempio di minore relazione?
Certo. Ad esempio, a partire dal 1998 è venuta meno la tendenza di bond e azioni a muoversi in senso opposto. Allo stesso modo si è indebolito il legame – forte in precedenza – fra obbligazioni e commodity.
Ha capito il motivo?
L’ingresso sulla scena dei Paesi emergenti, affamati di materie prime, ha scombussolato le relazioni fra le asset class. Dal 1998 il ciclo economico internazionale è entrato in un periodo di progressiva discesa dell’inflazione. Ma proprio per questo l’analisi intermarket è uno strumento prezioso: consente scelte di allocazione e rotazione settoriale e offre una visione completa dello scenario finanziario facilitando il dialogo tra analisti tecnici e fondamentali, dal momento che si basa su una logica coerente con quella che spiega gli sviluppi macroeconomici. Tuttavia…
Dica pure…
Come detto le relazioni mutano, ma le correlazioni globali rimangono. Personalmente, ad esempio, utilizzo ancora molto l’analisi intermarket per identificare quelle che potrebbero essere le possibili rotazioni settoriali nel corso dei vari cicli borsistici.
A proposito di Borsa, come vede Wall Street?
Penso che gli indici azionari statunitensi siano entrati in una fase di «topping»; in pratica stiamo assistendo a quella che sembra a tutti gli effetti una fase distributiva delle quotazioni. In ogni caso, a mio parere, vi è ancora spazio per il tradizionale rally di fine anno. Che potrebbe arrivare a riportare le quotazioni in prossimità dei precedenti massimi.
Vi sarà un asset class dominante nel 2008?
Penso che saranno ancora le commodity a tenere il palcoscenico il prossimo anno. Con tre classi principali, le agricole (grano e soia soprattutto), le energetiche e infine i metalli preziosi. Rimango infatti decisamente positivo sull’oro, che continuerebbe a beneficiare del calo del dollaro americano. La valuta Usa secondo me rimarrà inserita in un mercato Orso ancora a lungo.
E i bond?
L’obbligazionario dovrebbe tornare a vivere una fase più positiva rispetto al comparto azionario. L’economia negli Usa sta iniziando a rallentare e di conseguenza avremo più pressione sui rendimenti, quindi i bond dovrebbero tornare a salire.
L’azionario proprio non le piace…
Diciamo che ci sono altre asset class che a mio parere potranno spuntare rendimenti migliori rispetto all’equity. Tuttavia, dovendo puntare su qualche comparto dell’azionario, mi orienterei verso l’healthcare, i consumi di base, le utility. E il fatto che questi settori siano diventati i più forti non è un caso.
Vale a dire?
Questi settori sono tutti e tre difensivi. E solo recentemente sono diventati comparti leader. la teoria – confermata dalla pratica – spiega che in un mercato che sta rallentando, la rotazione settoriale premia i comparti difensivi. Come vede l’analisi intermarket funziona ancora. E continuerà a farlo.
Copyright © Borsa&Finanza. Riproduzione vietata. All rights reserved
parla di questo articolo nel Forum di WSI