La Federal Reserve dovrebbe aspettare a tagliare i tassi di interesse “almeno” fino alla fine dell’anno. A dirlo è il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, secondo la quale gli Stati Uniti sono l’unica economia del G20 a registrare una crescita al di sopra dei livelli pre-pandemia, e la crescita “robusta” indica rischi di rialzo per l’inflazione.
“Riconosciamo importanti rischi di rialzo”, ha dichiarato il direttore generale del FMI Kristalina Georgieva durante un incontro con la stampa ieri, giovedì 27 giugno. “Alla luce di questi rischi, concordiamo sul fatto che la Fed dovrebbe mantenere i tassi di politica monetaria ai livelli attuali almeno fino alla fine del 2024”.
L’attuale tasso sui fed funds della Fed è fermo all’interno di un intervallo compreso tra il 5,25% e il 5,50% dal luglio 2023.
Inflazione Usa verso il 2% non prima della metà del 2025
Il FMI, spesso definito il “prestatore di ultima istanza” del mondo, prevede che l’indice dei prezzi delle spese per consumi personali di base – la misura preferita dalla Fed per misurare l’inflazione – si attesterà, a fine 2024 intorno al 2,5%, e raggiungerà il target del 2% della Fed a metà del 2025.
Georgieva ha poi ricordato che la forza economica degli Stati Uniti durante il ciclo di rialzo dei tassi della Fed è stata favorita dall’offerta di lavoro e dagli aumenti di produttività, sottolineando al contempo la necessità di “prove evidenti” che l’inflazione stia scendendo verso l’obiettivo del 2% prima che la Fed tagli i tassi.
Tuttavia, la valutazione “più ottimistica” del FMI sulla traiettoria dell’inflazione si basa sulle indicazioni di un raffreddamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti e di un indebolimento della domanda dei consumatori.
Fari sull’inflazione, dopo revisione al rialzo del Pil
Cresce intanto l’attesa per i dati mensili sull’inflazione Pce, che saranno pubblicati oggi. Si tratta della misura preferita dalla Federal Reserve per valutare l’andamento dei prezzi: secondo gli esperti, a maggio è previsto un rallentamento dal 2,8% annuale registrato ad aprile al 2,6%.
Ieri, intanto, il Prodotto interno lordo statunitense del primo trimestre è stato rivisto dall’1,3% all’1,4%, in base alla lettura finale del dato, in linea con le attese. Si tratta in ogni caso della crescita trimestrale più lenta dalla primavera del 2022, con un netto rallentamento rispetto all’incremento del 3,4% dell’ultimo trimestre 2023.
La spesa dei consumatori, componente fondamentale del Pil americano, è cresciuta solo dell’1,5%, in calo rispetto alla stima iniziale del 2%, segno che gli alti tassi d’interesse potrebbero avere un impatto negativo sull’economia. Il dato Pce ‘core’ sull’inflazione nel trimestre e’ stato rivisto dal 3,6% al 3,7%, contro attese per una conferma del 3,6%.
FED: le attese degli analisti
Due settimana fa, la banca centrale americana, come ampiamente atteso dal mercato, ha lasciato fermi i tassi di interesse al 5,25-5,50%, indicando che per quest’anno ci sarà un solo altro taglio. I mercati speravano in una banca centrale più accomodante, ma i membri del Fomc dopo il meeting di due giorni hanno escluso due riduzioni dei tassi entro fine anno rispetto alle tre indicate a marzo.