Per capire le preferenze degli investitori italiani in tema di fondi comuni Assogestioni ha presentato oggi a Milano l’aggiornamento dell’Osservatorio annuale sui sottoscrittori di fondi comuni, curato dall’ufficio studi dell’Associazione.
Investimento medio in fondi comuni pari a 49 mila euro
Gli italiani che sottoscrivono fondi comuni sono 11 milioni (18,8% della popolazione) per un valore totale che ha raggiunto i 546 miliardi di euro. Entrando nel dettaglio dei numeri il valore medio dell’investimento è di 49.000 euro. Un importo che varia a seconda del tipo di prodotto scelto: più basso per i sottoscrittori di fondi italiani (30.000 euro), più elevato per i sottoscrittori di fondi esteri. Tra questi, il valore dell’investimento medio nei cosiddetti fondi cross border, gestiti da operatori internazionali, si attesta a 55.000 euro, generalmente collocati dalle reti di private banking e consulenti finanziari. Queste cifre necessitano di una attenta lettura.
“Il patrimonio è concentrato sul quartile più alto, i cui sottoscrittori detengono circa tre quarti dell’investimento totale”, osserva Riccardo Morassut, senior research analyst ufficio studi, Assogestioni, aggiungendo: “Metà degli 11 milioni circa di investitori accede ai fondi con cifre inferiori alla mediana che è pari a circa 20mila euro”.
“Il risultato sulla concentrazione del patrimonio è in linea con le stime di Banca d’Italia, che attribuiscono al 30% delle famiglie più abbienti l’80% della ricchezza finanziaria. L’investimento in fondi rappresenta un atto basilare di educazione finanziaria, che può aiutare a trasferire i valori della diversificazione, programmazione e gestione professionale dei risparmi” chiarisce Alessandro Rota, direttore ufficio studi di Assogestioni.
Patrimonio nelle mani degli over 60
L’investimento medio per fasce di età sottolinea il gap generazionale: per i Boomers, che detengono da soli il 48% del patrimonio complessivo, si attesta a 58.000 euro, cifra che sale a 66.000 per la silent generation e 83.000 per la greatest generation. Sotto la media, ma con un importo comunque rilevante, la generazione X con 42.000.
Per i millennials, invece, l’investimento medio è di 21.000 euro e per la Gen Z di 13.000, e insieme detengono il 6% del patrimonio.
“Rispetto a un anno fa, la partecipazione delle due generazioni più giovani è passata dal 13% al 15% e, di conseguenza, anche il patrimonio detenuto da Millennials e GenZ è salito dal 5% al 6% del totale. Tutto ciò conferma che gli under 40 stanno gradualmente iniziando ad aumentare la quota investita in fondi comuni”.
La metà dei giovani preferisce il Pac
Il versamento unico (Pic) rimane la forma prevalente per investire nei fondi comuni, scelta dal 62% dei risparmiatori italiani, mentre la quota dei sottoscrittori che investe tramite piani di accumulo (Pac) è pari al 21% e in forma mista al 17%. Percentuali, però, ancora una volta stressate dallo spaccato per età, che dimostra comportamenti differenti tra under 40 e generazioni più anziane.
“Dall’Osservatorio – prosegue Morassut – emerge la propensione di Millennials e Generazione Z a prediligere i Pac, che permettono di investire attraverso versamenti periodici che possono avere entità contenute. Infatti, supera il 50% la quota dei sottoscrittori più giovani che investe in questo modo. Si tratta di una modalità efficiente, che aiuta l’investitore da un punto di vista comportamentale, eliminando il fattore market timing. Viceversa, oltre il 70% dei boomers e l’80% della silent generation sceglie di investire in un’unica soluzione (Pic)”.
Come e dove investono
Assogestioni ci dice anche dove gli italiani comprano i fondi comuni e in quali asset class investono. Il 95% dei fondi italiani viene distribuito tramite gli sportelli bancari, ma il canale di distribuzione delle reti di consulenti finanziari ha un peso maggiore per i fondi cross border, acquistati in questa modalità per il 48% e solo per il 52% tramite le banche.
A livello di asset allocation, l’Osservatorio evidenzia valori differenziati in base alla tipologia di prodotto. Tra i fondi di diritto italiano prevale la componente obbligazionaria (36%) e flessibile (34%), a cui seguono gli investimenti in fondi bilanciati (19%) e azionari (11%). Tra i prodotti esteri è più marcata la componente azionaria, con il valore per i fondi cross border che si attesta al 50%. Resta stabile attorno al 30% il peso dei fondi obbligazionari, mentre diminuisce la quota dei fondi flessibili e bilanciati (all’11% e 10%).
Lo studio del portafoglio dei sottoscrittori italiani per aree geografiche mostra infine una prevalenza di Europa e America, entrambe al 32%. L’allocazione all’Italia pesa per il 16% del portafoglio generale, di cui il 13% in obbligazioni e il 3% in azionario italiano. “Un 16% di home bias non è poco, considerando che Borsa Italiana pesa lo 0,6% della capitalizzazione mondiale”, sottolinea Morassut.