Società

Chi è Kamala Harris, da vice di Biden a potenziale candidata dem alla Casa Bianca

“Sono onorata. “. Così Kamala Harris, 49esimo vicepresidente degli Stati Uniti, ha accettato l’investitura del presidente Usa Joe Biden che, che ieri si è ufficialmente ritirato dalla corsa alla Cosa Bianca. Il commander in chief, nel comunicato in cui annuncia il ritiro, ha appoggiato la sua numero due per la nomination dem, aprendole così la  strada alla possibilità di diventare la prima presidente donna di colore e la prima americana di origine asiatica a ricoprire questa posizione. “Mi guadagnerò la nomination e batterò Trump”,  ha assicurato Harris in un post in cui allega il link per le  donazioni, dando già ufficialmente il via alla sua corsa  presidenziale.

Istruzione

Nata il 20 ottobre 1964 a Oakland, in California, Kamala Devi Harris è figlia di genitori immigrati: suo padre, Donald Harris, economista giamaicano, e sua madre, Shyamala Gopalan, ricercatrice indiana. Harris ha frequentato la Howard University, dove ha conseguito una laurea in scienze politiche ed economia nel 1986, prima di ottenere il Juris Doctor presso l’Università della California, Hastings College of the Law, nel 1989.

Gli inizi della carriera

Harris ha iniziato la sua carriera, dal 1990 al 1998, come procuratore distrettuale aggiunto nella contea di Alameda, in California, dove si è affermata grazie al suo approccio rigoroso nei confronti della criminalità, in particolare nei casi di violenza di gruppo e abuso sessuale. Nel 2004, è stata eletta procuratore distrettuale di San Francisco, diventando la prima donna a ricoprire questa posizione.  Nel 2010, Harris è stata eletta procuratore generale della California, diventando nuovamente la prima donna e la prima donna di colore e asiatica a ricoprire questo ruolo.

La vita politica

Harris è stata eletta al Senato degli Stati Uniti nel 2016. Da allora si è affermata per l’incisività mostrata nelle interrogazioni durante le audizioni del Senato, in particolare su questioni di sicurezza nazionale e riforma della giustizia. Come senatrice, Harris ha subito dichiarato guerra a Donald  Trump e si è imposta sul palcoscenico nazionale con i suoi  interrogatori all’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, che sono sono diventati virali e l’hanno accreditata davanti al  pubblico democratico a caccia di volti nuovi per il partito.

Da qui la decisione di provare a correre per la Casa Bianca per le elezioni presidenziali del 2020: un  tentativo che non ebbe successo, pur imponendosi come una delle rivali più agguerrite di Biden nel corso delle  primarie. E’ rimasto negli annali l’aspro confronto fra i due nel corso di uno dei dibattiti, durante il quale Harris rinfacciò al  suo futuro capo di essersi compiaciuto della collaborazione con due senatori segregazionisti negli anni ’70.

Nonostante lo scontro, Harris fu stata scelta come compagna di corsa di Joe Biden nell’agosto 2020, una decisione influenzata dal suo forte impegno per la giustizia sociale. Salutata forse un po’ troppo  semplicisticamente come ‘l’Obama donna’ per la sua capacità  oratoria e di trascinare le folle, almeno fino a qualche tempo  fa, non è mai uscita dall’ombra di Biden e non ha mai bucato lo schermo, ma sta recuperando terreno e immagine su alcuni temi,  come quello chiave dell’aborto.

Come Vicepresidente, Harris si è concentrata su varie questioni, tra cui la riforma dell’immigrazione, la sanità e la giustizia sociale, continuando la sua advocacy per le comunità emarginate.

Vita Personale

Kamala Harris è sposata dal 2015 con Douglas Emhoff, anche lui avvocato. La coppia non ha figli, ma Cole ed Ella, nati dal precedente matrimonio di Emhoff, sono per Harris molto più di due semplici figli acquisiti. Harris è una cristiana appartenente alla chiesa battista nera, ma è stata educata dalla madre alla cultura induista, oltre a convivere con l’ebraismo del marito

Collezionista di sneaker Converse, Harris si sveglia di solito alle 6 del mattino e si allena per mezz’ora. Fra i suoi libri  preferiti ci sono ‘Native Son’ di Richard Wright e ‘The Lion, the Witch and the Wardrobe’ di C.S. Lewis. Il suo motto è un monito  che la madre le rivolgeva quando era ragazzina: ‘Potrai essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima’. Ora ha l’occasione della vita.

Nomina non scontata

Ma la nomina non è automatica né scontata. Certo, c’è da vedere se l’endorsement di Biden ed altri ex presidenti (Clinton in primis) saranno sufficienti per ricevere la nomina ufficiale dei dem, che sarà sarà sancito tra il 19 e il 22 agosto a Chicago: il rischio è che, senza un accordo su Harris, ci sia una convention “brokered”, ossia aperta, dove si sfiderebbero vari candidati

In caso invece di mini primarie, come auspicato nei giorni scorsi dall’ex speaker della Camera Nancy Pelosi e ora da Barack Obama, potrebbero scendere in campo alcuni governatori, nomi che eventualmente potrebbero anche fare da vice a Harris: Josh Shapiro (Pennsylvania), J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers (Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky). Più improbabili il governatore della California Gawin Newsom (considerato troppo liberal e di uno Stato già saldamente dem) e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, pare perché non vorrebbe bruciarsi le chance di correre nel 2028. Non è da escludere neppure il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg.