Se c’è una realtà aziendale, nel campo finanziario italiano, dove senso di appartenenza, tasso di fedeltà e riconoscenza verso il top management sono stabilmente ad alto livello quella è il Banco Bpm. L’azione portata avanti dall’amministratore delegato, Giuseppe Castagna – che ha il merito di riuscire, da tempo, a mantenere autonoma Piazza Meda, difendendola dalla determinazione dei concorrenti interni e pure dei fondi internazionali – riceve il plauso quotidiano dei quasi 20mila dipendenti del gruppo. Non è lealtà incondizionata. Anzi. Chi lavora in Banco Bpm analizza i dettagli: sa, per esempio, di ricevere lo stipendio da un istituto di credito che ha i requisiti patrimoniali e i coefficienti di bilancio fra i migliori nel settore in Europa, che sul piano commerciale quel gruppo è un riferimento e che la clientela è sempre soddisfatta. Banco Bpm è considerato, da tutti gli esperti del settore, è considerato il gruppo bancario con il miglior posizionamento degli sportelli bancari, un’agenzia del gruppo è nelle principali strade di paesi e città.
Ecco, per tutte queste ragioni, i dipendenti di Banco Bpm non riescono a comprendere quali siano le ragioni di fondo che hanno spinto i sindacati confederali First Cisl, Fisac Cgil e Uilca a rompere l’unità sindacale e a presentare una denuncia per comportamento antisindacale contro la banca. Il caso sarà affrontato al tribunale di Milano il prossimo 31 luglio e quella sarà, con ogni probabilità, una formidabile occasione per fare chiarezza su una accusa, legata alla presunta violazione dell’articolo 28 dello Statuto dei lavoratori, il cui ultimo precedente, nel settore bancario, risale a oltre 35 anni fa.
Banco Bpm, per questa circostanza, è assistito dal collaudato studio legale Daverio. Che ha studiato a fondo le carte: il “casus belli” è stata una riunione, in videoconferenza, il 27 giugno. Un incontro convocato per alcune comunicazioni aziendali che, invece, è finito per far scoppiare la scintilla, un pretesto cercato da First, Fisac e Uilca per attaccare Banco Bpm in relazione al numero di assunzioni da inserire nell’accordo su 1.600 esodi volontari, previsti nel piano industriale. La proposta aziendale era di 800 ingressi, in linea con le ultime intese sottoscritte nel settore, come quelle in Bnl Bnp Paribas e Bper, dunque con un rapporto di un’assunzione ogni due uscite. Un tasso di sostituzione pari al 50% che i confederali vorrebbero far schizzare fino al 100%, pretendendo addirittura 1.600 nuovi contratti. Ipotesi ritenuta irricevibile da parte di Piazza Meda, considerando che la media consolidata, al netto delle stabilizzazioni dei precari, negli accordi fra banche e sindacati, ormai è sempre di un ingresso ogni due uscite. Analogo stupore da parte dei rappresentanti aziendali di Fabi (primo a Piazza Meda oltre che in tutto il settore) e Unisin, che non hanno sottoscritto la denuncia per comportamento antisindacale e sono rimasti al tavolo ad ascoltare la semplice comunicazione. Un atteggiamento responsabile, quello di Fabi e Unisin, sottolineato peraltro in un comunicato della banca, che si spiega e si deve inquadrare con la volontà di portare avanti anche altre due importanti trattative, una riguardante i premi aziendali (molto attesa fra i dipendenti), l’altra gli inquadramenti, entrambe, tuttavia, finite per ora sul binario morto. Col seguente risultato: niente assunzioni di giovani, niente premi, carriere bloccate, mal contento diffuso fra i lavoratori.
Sulla rottura del tavolo sindacale, ritenuta da molti addetti ai lavori quantomeno anacronistica se non addirittura antistorica, si interrogano non solo i dipendenti, ma anche i membri del consiglio di amministrazione di Piazza Meda, presieduto da Massimo Tononi: del resto, questo il ragionamento, non c’erano differenze rispetto alla tendenza del settore. Perché, insomma, le carte bollate? Chi muove i fili? La condotta dei sindacati aziendali di Banco Bpm, quelli che formalmente hanno firmato l’esposto in tribunale, è comunque avallata dai segretari generali di First, Fisac e Uilca, pur con notevoli distinguo fra di loro: si racconta che, tra questi, il più vivace, in questo periodo, sia Riccardo Colombani della First, la cui ambizione di diventare leader “de facto” dei confederali è nota nel settore.
C’è da dire che la vicenda del Banco Bpm è osservata speciale anche da parte degli altri gruppi bancari, alle prese con imminenti, importanti cambiamenti organizzativi e con la messa a punto dei nuovi piani industriali. Il comportamento dei segretari generali di First, Fisac e Uilca in questa vicenda viene osservato attentamente dagli amministratori delegati di tutti gli altri principali gruppi del Paese: insomma, il 31 luglio si è trasformato in una sorta di spartiacque per determinare gli assetti e gli equilibri della futura concertazione. E pure l’Abi ha attivato i suoi radar e scruta l’evoluzione della vertenza di Banco Bpm in vista dell’accordo sulle libertà sindacali che dovrebbe essere sottoscritto a settembre. Magari con qualche (brutta) sorpresa per i sindacati. La banca, in ogni caso, non teme il giudizio del Giudice del lavoro di Milano perché non solo ha la coscienza a posto, ma ha sempre avuto un concreto comportamento sempre molto attento e disponibile, sia nei confronti dei rappresentanti sindacali aziendali sia nei confronti dei dipendenti. Ma, considerando come stanno andando le cose, non porgerà l’altra guancia.