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(WSI) –
A New York i ristoranti italiani non sono stati minimamente danneggiati da immagini e notizie dall’Italia dei rifiuti, ha scritto Francesco Semprini l’altro giorno su La Stampa: e certo ha ragione. Non ha ragione, invece, chi misura la condizione italiana da certi consumi: accanto ai tanti esperti che analizzano le economie famigliari con risultati rovinosi (in cinque anni, nessun incremento degli introiti dei lavoratori dipendenti) c’è chi con arido cinismo traccia un quadro opposto.
Per esempio, visto da Roma. I ristoranti costosi sono sempre pieni, se non ci pensi con anticipo non c’è verso che tu possa sederti. I negozi costosi dove anche una borsetta costa 1500 euro per non parlare dei vestiti o dei cachemire, mettono in vetrina oggetti sempre più cari e li vendono. I viaggi per vacanze o scoperte esotiche sono sempre già tutti prenotati. Quando sono cominciati i saldi, le file più lunghe erano in via Condotti a Roma e via Montenapoleone a Milano: ci sarà stata certo nelle code gente che da mesi sognava un certo oggetto, ma soprattutto c’erano persone ricche che (tirchie come sempre) badavano a risparmiare. Ostriche, caviale, salmone, champagne e simili non hanno subìto alcuna diminuzione di vendite: almeno a quanto affermano in quelle boutiques di alimentari pregiati dove il gorgonzola costa più dell’oro. I saloni di grandi automobili non sono in perdita, anzi vendono più di sempre. Allora? Cosa ci si viene a parlare di italiani poveri? Come si spiega?
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Si spiega forse con il fatto che tra ricchi e poveri esiste ora una terza (o quarta, o sesta) classe sociale: i ladri. Compresi truffatori, imbroglioni, profittatori, autori di furti di Stato eccetera. Non sono pochi: le cronache di arresti repentini ce ne fanno scoprire a centinaia. Non sono raffinati: la ricchezza illegale non servirà certo loro per comprare inarrivabili disegni di Michelangelo, ma per far proprie le cose della fisicità, mangiare, bere, vestire, guidare, viaggiare, apparire, pavoneggiarsi.
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