L’Italia è una delle mete più attrattive per i Res Non Dom, letteralmente “Resident but not domicilied”, ossia individui ad elevata patrimonializzazione che potrebbero scegliere di trasferire la loro residenza nel nostro Paese per beneficiare del regime fiscale favorevole introdotto nel 2017.
Così emerge da un’analisi di Monitor Deloitte, in collaborazione con Thoughtlab, che compara il mercato italiano del Wealth Management con le principali economie internazionali con l’obiettivo di delineare i principali driver di cambiamento del settore e i trend che genereranno un impatto nei prossimi dieci anni, con focus su clienti serviti, canali utilizzati, prodotti, attenzione verso il digitale e la sostenibilità.
Res Non Dom: ecco perché i ricchi scelgono l’Italia
Ebbene dall’indagine emerge che il regime italiano, che oggi conta circa 3.000 aderenti, risulta essere uno dei più attrattivi in Europa grazie all’estesa durata dei benefici: 15 anni contro i 13 della media europea. Un fenomeno destinato a continuare nonostante il recente innalzamento della flat tax da 100.000 euro a 200.000 euro, ossia la flat tax per i ‘Paperoni’ che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia.
Un aumento quindi che non sembra aver ridotto l’appeal dell’Italia agli occhi dei super ricchi contribuenti anche britannici e francesi, come recentemente ha sostenuto un editoriale apparso sull’autorevole Financial Times che ha descritto il nostro Paese come meta privilegiata, insieme a tradizionali paradisi fiscali di Monaco e della Svizzera, per un eventuale trasferimento.
Quali sono i regimi fiscali più convenienti nella Ue
L’Italia è in buona compagnia. Tra i Paesi che hanno regimi fiscali convenienti per i Res Non Dom troviamo la Grecia che prevede dal 2019 una tassazione di favore di 100 mila euro, ma ancor meglio a Malta con 5mila euro e ancor di più a Cipro che non prevede assolutamente alcuna imposta sul reddito di origine estera.
Nei prossimi mesi si prevede un ingresso sempre più significativo di Res Non Dom da Portogallo e Regno Unito in Italia, considerata ora dagli individui ad alta patrimonializzazione uno dei regimi fiscali più attrattivi in Europa.
In sostanza il regime italiano resta molto attrattivo, anche alla luce delle recenti revisioni dei regimi portoghese (circa 75.000 aderenti) e britannico (circa 70.000), che hanno drasticamente ridimensionato i benefici concessi a questi cittadini.
Ricchezza: in Italia il traino è dalle famiglie con patrimonio oltre 500mila euro
L’analisi di Monitor Deloitte si sofferma inoltre sulla ricchezza finanziaria privata degli italiani che continua a crescere dal 2013, spinta dalle famiglie con un patrimonio superiore ai 500mila euro. Nonostante le sfide macroeconomiche dell’ultimo decennio come la crisi finanziaria, la pandemia e le recenti tensioni geopolitiche, difatti il tesoretto privato degli italiani continua a crescere dal 2013, ma in maniera sempre più polarizzata, spinta dal segmento di clientela Private&Up, cioè dalle famiglie con un patrimonio superiore ai 500mila euro.
Nel nostro Paese inoltre, oltre la metà dei clienti Private&Up ha un’età superiore ai 65 anni, ma nel prossimo decennio si prevede un aumento di ricchezza del +13% per gli under 25, e del +24% per gli individui con età compresa tra 25 e 40 anni.
Cambiano i ricchi e parallelamente, anche i canali distributivi che stanno evolvendo per soddisfare le sempre più sofisticate esigenze di prodotti e servizi su misura.
Il mercato del Wealth Management sta assistendo ad una progressiva riduzione della quota di mercato servita dagli operatori bancari tradizionali, passata dal 70% del 2013 a circa il 60% attuale, a favore di una crescita significativa delle reti di consulenti finanziari, i quali ad oggi rappresentano più del 20% del mercato. Un’inversione di tendenza che testimonia l’importanza di fornire un’offerta altamente personalizzata e specialistica con un maggior livello di vicinanza e prossimità territoriale verso i clienti, sostiene l’analisi che stima per i prossimi anni, secondo gli attuali dati a disposizione, una crescita costante dei canali digitali di contatto tra clienti e operatori, preferiti rispetto alle filiali fisiche e agli sportelli (-40% rispetto al 2013).