La scalata di Unicredit nel capitale Commerzbank continua a tenere banco sui mercati. E non solo. L’attenzione di investitori, analisti e mondo della politica italiana e tedesca, è in particolare rivolta al piano del ceo della banca di piazza Gae Aulenti, Andrea Orcel, per mettere le mani sulla concorrente tedesca.
Un piano che alcuni bollano come aggressivo. E che ha spinto la Germania a giocare in difesa. Berlino aveva già detto venerdì che non avrebbe più messo in vendita la sua rimanente quota del 12% per evitare sorprese. Ma Orcel ha, invece, trovato un altro modo per aumentare la quota di UniCredit, attraverso strumenti derivati. E ora?
Cambio ai vertici di Commerzbank
Che la banca tedesca abbia alzato il muro per difendersi dall’incursione italiana, si evince anche dalla scelta di nominare Bettina Orlopp, la cfo di Commerzbank, nuova ceo (nonché prima donna a ricoprire questo ruolo nella storia del gruppo) dopo le dimissioni dell’attuale presidente Manfred Knof che a inizio mese aveva fatto sapere che non si sarebbe candidato per un altro mandato dopo la scadenza del contratto, prevista a fine 2025.
Orlopp, che ha lavorato attivamente nel processo di ristrutturazione della banca salvata dal governo tedesco nel 2007-2008 non vede di buon occhio un’opa di Unicredit sull’istituto tedesco. Ancora di più dopo la mossa di lunedì scorso, quando Unicredit ha aumentato la propria partecipazione al 21% e ha chiesto alla Bce l’autorizzazione per salire fino al 29,9%.
Le motivazioni ruotano intorno alle preoccupazioni che un cambio di controllo possa indebolire il settore prestiti di Commerzbank verso le pmi tedesche, spina dorsale dell’economia del paese.
“La scelta di Commerzbank di nominare Bettina Orlopp nuova AD, mentre la banca tedesca si oppone a un possibile approccio di acquisizione da parte dell’italiana UniCredit è giusta” ha detto all’agenzia Reuters, Andreas Thomae, gestore di portafoglio presso Deka, definendo la Orlopp una candidata ideale e decisa.
Oggi, intanto, nel corso della Financials Ceo Conference di Bank of America, Orcel ha fatto sapere che UniCredit toccherà nel 2024 un profitto netto superiore ai 9 miliardi. Si tratta di una stima più alta rispetto alla precedente, che parlava di un risultato superiore agli 8,5 miliardi. Parlando di Commerzbank, Orcel ha spiegato che, quello nella banca tedesca, è un investimento da cui prevede un ritorno “ben superiore al 15%”.
Cosa può fare la Germania
Cosa può fare Berlino per ridimensionare le mire di Unicredit? Ben poco, secondo il Financial Times, che scrive:
“Di fronte alla condanna unanime di tutti i politici tedeschi di quelle che considerano le tattiche aggressive di Orcel, il governo ha pochi strumenti per bloccare un’offerta pubblica di acquisto”. Il quotidiano ricorda che “UniCredit ha bisogno di un permesso per aumentare la sua partecipazione in Commerzbank oltre il 10%, ma dal suo regolatore, la Banca Centrale Europea, non da Berlino”.
La questione, sollevata da molti esperti, è che UniCredit è una banca europea e quindi si applicano le regole europee in materia di concorrenza, vigilanza bancaria e mercati dei capitali. Di conseguenza le autorità tedesche non hanno alcuna voce in capitolo.
Cosa può fare la Bce
Banche: Europa “nana” rispetto agli Stati Uniti
L’Europa promuove da tempo l’idea di un mercato unico integrato, ma il nazionalismo economico emerge chiaramente quando sono in gioco interessi strategici. Eventi come la possibile acquisizione di Commerzbank da parte di UniCredit, o i precedenti casi Fincantieri-STX France e Vivendi-Mediaset, dimostrano che i paesi membri tendono a reagire con protezionismo quando aziende nazionali rischiano di passare sotto il controllo di entità straniere, anche se queste provengono da altri paesi UE. Questo dimostra che, nonostante i progressi, esistono ancora barriere nazionali difficili da superare.
Il risultato è una mancanza di grandi player europei capaci di sfidare le potenze statunitensi.
Se JPMorgan Chase, la prima banca americana per capitalizzazione, vale circa 600 miliardi di dollari, la principale banca del mercato unico europeo (escludendo il Regno Unito) è la francese BNP Paribas, che si colloca solo al 22º posto a livello globale con un valore di circa 81,7 miliardi di dollari. Questo gap dimostra l’importanza di incentivare le aggregazioni transnazionali.