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DOW -266 (-2,6%): PERSI 630 PUNTI IN 7 GIORNI

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Giornata davvero pesante e settimana negativa come non se ne vedevano da tempo, a Wall Street. Grande paura, molta tensione, ma non ancora panico. Gli investitori hanno reagito alla notizia di una crescita dei prezzi alla produzione, +1,1% a settembre, il piu’ alto incremento degli ultimi nove anni, vendendo azioni e privilegiando i piu’ sicuri bond a 30 anni, che ormai hanno rendimenti competitivi con la borsa (l’indice S&P 500 e’ in crescita di appena l’1,5% dall’inizio di gennaio, mentre il bond rende il 6,26%). Cio’ ha provocato smobilizzi tali da far segnare al Dow il peggior calo in termini percentuali dell’annno.
Poi, ovviamente, il ribasso va in parte attribuito (ma solo per il 20-30%) a mr. G, Alan Greenspan, coi suoi commenti decisamente ”bearish” sulla necessita’ di prepararsi ai tempi in cui il vento cambia. ”Con tutte le preoccupazioni sulla crescita dell’inflazione che girano a Wall Street – dice un trader – nessuno ha voluto fare la parte dell’eroe rimanendo lungo durante il weekend”. Il Dow cosi’ ha lasciato sul campo 266,90 punti, cioe’ il 2,6%, chiudendo a quota 10.019. Quel che e’ peggio, l’indicatore delle blue chips nella settimana ha perso 630 punti, il 5,9%, il peggior ridimensionamento settimanale da dieci anni, per la precisone dall’ottobre 1987 (il mese di uno dei Grandi Crolli). Ecco perche’ si parla di ”sindrome ottobre’ (la settimana si e’ chiusa con -6,6% per lo Standard & Poor’s e con -5,7% per il Nasdaq). L’indice a piu’ alta concentrazione di titoli tecnologici a fine seduta era scivolato di 75,05 punti, il 2,7% a quota 2.731,79, mentre lo S&P 500 ha perso il 2,8% (quota 1.247,41 -36,01 punti). Da notare che il Dow Jones e lo S&P 500 sono gia’ entrati in fase tecnica di ”correzione”, essendo ambedue calati di oltre il 10% dai massimi di agosto. Il Nasdaq e’ ancora in rialzo da gennaio del 24% (cio’ dimostra quanto sia sopravvalutato), e salta decisamente agli occhi il fatto che proprio lunedi’ scorso l’indice che ospita Microsoft e Intel abbia toccato il massimo storico.
Ma chiaramente cio’ che conta, adesso, sono i tassi d’interesse – e tutti i partecipanti del mercato danno per scontato che la Fed aumentera’ i tassi di ”almeno” un quarto di punto se non piu’, in novembre – e, inoltre, il cosidetto ”sentimento”. Il fatto e’ che la negativita’ ribassista degli ultimi giorni ha generato preoccupazioni, timori, qualche sporadica paura, ma in realta’ Wall Street e’ ben lontana dall’aver sperimentato quel tipo di capitolazione dei prezzi che segue alle ondate di panico; situazioni caratterizzate da un altissimo volume di scambi, il crollo delle blue chips, e volatilita’ mozzafiato. ”Non c’e’ stata atmosfera di capitolazione” ha detto Ralph Bloch, chief market analyst della Raymond Janmes, ”nessuno per ora s’e’ fatto prendere dal panico”.
Ma allora, che si prepara per lunedi’ prossimo? La maggior parte degli operatori ritiene che la settimana si decidera’ lo stesso lunedi’ o al massimo martedi’. Pochi si schierano tra gli ottimisti. L’opinione e’ che ci potrebbe essere un ”rialzino” proprio all’inizio, ma e’ piu’ probabile che sia di breve periodo, perche’ con lo spauracchio di una ripresa dell’inflazione, le alte valutazioni dei prezzi, la situazione sui tassi d’interesse, gli elementi interni al mercato deboli, il dollaro fiacco, ci sono tutti gli elementi per stare sulla difensiva. La paura vera dei trader pero’ e’ la doppietta venerdi’ nero, lunedi’ nerissimo. E gia’ successo in passato. Chi non e’ al ribasso sugli indici, con le opzioni o strumenti come gli equity basket, spera non accada di nuovo.