Mercati

È il giorno della FED, verso taglio da 25 pb. L’ombra di Trump sulle prossime mosse

Il giorno dopo l’election day, i fari dei mercati sono puntati sulla FED. Oggi la banca centrale americana alzerà il velo sui tassi. E secondo gli analisti procederà al secondo taglio del costo del denaro, dopo la sforbiciata di 50 punti base di settembre. Questa volta il taglio sarà più contenuto. I mercati scontano con una probabilità del 98% (CME Watching Tool) un taglio dei tassi di interesse di 25 punti base, che porterebbe il nuovo intervallo da 4,75%-5% al nuovo range 4,50%-4,75%.

Cosa dicono gli analisti

In attesa della decisione, che dovrebbe arrivare intorno alle 20 (ore italiane), Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, spiega che “il risultato delle elezioni presidenziali non condizionerà le decisioni della Fed. Prevediamo un altro taglio di 25 punti base, coerentemente con l’approccio graduale che i membri del FOMC hanno segnalato nelle ultime settimane. I dati economici degli ultimi giorni, a partire dal Pil del 3° trimestre, mostrano un’economia che, pur in rallentamento, resta solida”.

Secondo Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia:

La decisione dovrebbe riflettere la diminuzione delle preoccupazioni sull’inflazione e l’aumento dei timori sul mercato del lavoro. La lettura dell’inflazione di settembre del 2,4% suggerisce che l’aggressivo ciclo di restringimento e l’atteggiamento restrittivo della Fed è stato efficace. Per alcuni anche troppo visto che il mercato del lavoro nel mese di ottobre ha mostrato un dato molto debole nella creazione di posti di lavoro (+12k valore più basso da dicembre 2020).

L’attenzione degli addetti ai lavori si concentrerà sul comunicato e sulle parole del governatore della Fed, Jerome Powell, per capire quale sarà il sentiero dei tagli dei tassi di interesse nei prossimi mesi. Le attese del mercato sono attualmente orientate verso un altro taglio di un quarto di punto a dicembre, seguito da una pausa a gennaio e da riduzioni multiple fino al 2025.

Come spiega David Pascucci, Analista dei Mercati per XTB:

Trump sale in cattedra ma le aspettative di taglio dei tassi non cambiano, neanche di fronte al rally visto ieri sull’azionario. Gli operatori di mercato vedono un taglio dello 0,25% per oggi e un altro taglio dello 0,25% per dicembre, il tutto perfettamente in linea con quanto dovrebbe essere fatto ma in piena contraddizione con un’economia “strong and resilient” (forte e resiliente) come é stata spesso definita da Powell negli ultimi mesi. 

A proposito della conferenze stampa, Zanghieri (Generali Investments) aggiunge che sicuramente Powell evitarà qualsiasi risposta sul risultato delle elezioni.

Le proposte del partito Repubblicano, soprattutto le tariffe, la riduzione dell’immigrazione e l’espansione fiscale, sono tendenzialmente inflazionistiche, ma la Fed reagirà solo quanto i loro effetti si materializzeranno sui prezzi e il mercato del lavoro, quindi non prima del 2026.

Le elezioni USA possono influenzare la FED?

Ma l’attenzione degli esperti in queste ultime ore non è solo concentrata sull’esito della riunione odierna, anche sulla possibile influenza delle elezioni USA sulle prossime decisioni della Banca centrale Usa. In una nota pubblicata alla vigilia delle elezioni Usa, Diodovich (IG Italia) aveva spiegato che nel breve periodo, ovvero fino a fine anno, non ci dovrebbe essere alcun impatto.

Nel medio/lungo periodo  – aveva subito dopo aggiunto – il discorso è ben diverso soprattutto in caso di una vittoria di Donald Trump e di un successo dei repubblicani al Congresso (il cosiddetto scenario “Red Wave”). Con uno sweep repubblicano, Donald Trump potrà mantenere le promesse fatte in campagna elettorale con una politica fiscale ultra-espansiva e una politica commerciale protezionistica con l’introduzione di nuovi dazi. Tali misure dovrebbero alimentare nuovamente le pressioni inflazionistiche complicando il lavoro della FED che potrebbero essere meno dovish rispetto a quello che prevede il mercato. Non possiamo inoltre escludere che Donald Trump (come era già successo durante la sua amministrazione 2017-2020) possa fare pressioni sulla Federal Reserve per avere tassi di interesse molto bassi.