Gli analisti di Goldman Sachs non hanno dubbi: l’oro raggiungerà un nuovo record l’anno prossimo grazie agli acquisti delle banche centrali e ai tagli dei tassi d’interesse statunitensi. “Puntate sull’oro” hanno scritto gli esperti in una nota, ribadendo un obiettivo di 3.000 dollari l’oncia entro dicembre 2025, un valore che rappresenta un potenziale di upside del 16% circa rispetto ai valori attuali. Gli esperti della banca Usa hanno quindi inserito il metallo tra le principali commodity trade per il 2025, affermando che i prezzi potrebbero estendere i guadagni durante la presidenza di Donald Trump.
I driver di crescita
Tra i driver di crescita, gli esperti della banca Usa ne identificano alcuni di tipo strutturale, come l’aumento della domanda da parte delle banche centrali. E altri di natura ciclica, tra cui i flussi verso i fondi negoziati in borsa a seguito dei tagli della Federal Reserve. Ad alimentare possibili nuovi record, secondo Goldman, potrebbe essere anche la nuova amministrazione Trump. E la conseguente attesa di un’escalation senza precedenti delle tensioni commerciali.
“La gamma insolitamente ampia di potenziali cambiamenti della politica statunitense nel 2025 rafforza il ruolo di diversificazione delle commodity nei portafogli. In particolare, le posizioni lunghe in oro e petrolio possono fungere da copertura critica contro l’inflazione e i rischi geopolitici, tra cui l’escalation dei dazi (oro), le disruption di natura geopolitica delle forniture di petrolio (petrolio e probabilmente oro) e i timori legati al debito (oro). Identifichiamo anche un paniere di materie prime long-short per seguire e potenzialmente coprire l’escalation tariffaria” si legge nell’outlook 2025.
Asset di diversificazione
Ma gli analisti di Goldman Sachs non sono i soli ad avere un outlook positivo sul metalli prezioso. In una nota del 12 novembre, Kevin Thozet, membro del comitato investimenti di Carmignac, ha spiegato che in un contesto turbolento, l’oro torna quindi a essere un vettore di possibile diversificazione all’interno dell’allocazione del portafogli, “forse migliore delle valute resilienti, delle obbligazioni statunitensi o tedesche”.
Ma cosa rende l’oro un asset di diversificazione efficace?
Thozet ha inoltre messo in luce l’importanza dell’aspetto di “diversificazione” delle riserve delle Banche Centrali in un contesto in cui l’inflazione è tornata a essere un dato economico “vitale”, e dove è sempre più viva la tentazione per i paesi dell’emisfero meridionale di costruire un’alternativa al dollaro.
“Un investimento di questo tipo genera performance assolute. Registra un ottimo andamento su mercati caratterizzati da avversione al rischio: +100% durante la fase di scoppio della bolla di Internet e +30% nel 2022, anno di forte inflazione, compensando quasi tutte le perdite del mercato azionario nei momenti di maggiore necessità. L’oro è ancora meno correlato agli asset rischiosi rispetto alle obbligazioni, il che lo rende uno strumento adatto alla costruzione del portafoglio; tende a offrire una copertura efficace sia contro l’incertezza economica che contro l’inflazione. Una caratteristica provvidenziale poiché il persistere dell’inflazione rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio attuali e di trasformazione futura, nel contesto odierno in cui la gestione dei picchi raggiunti dal debito pubblico continua a essere rinviata, rendendone il rimborso sempre più illusorio senza il sostegno attivo dato dall’immissione di nuovo denaro sul mercato”.
Thozet ha ricordato infine che, negli ultimi mesi, l’oro ha registrato nuovi massimi e dall’inizio dell’anno è cresciuto di circa il 35%.
“Questo ottimo andamento è riconducibile alla recrudescenza del rischio geopolitico, agli acquisti da parte delle Banche Centrali, intenzionate a diversificare le proprie riserve, e all’incertezza relativa al ciclo economico. L’aumento dei tassi di interesse reali e l’apprezzamento del dollaro, fattori classici di indebolimento del metallo giallo, avrebbero potuto contenere la forza dell’oro, ma così non è stato”.
Prezzi
In avvio di settimana, intanto, le quotazioni dell’oro hanno segnato un aumento, dopo aver archiviato la settimana peggiore a peggiore da tre anni sia pure con un ribasso di poco superiore al 4%.
Questa mattina il lingotto con consegna immediata guadagna lo 0,83% a 2.584 dollari l’oncia mentre i contratti con scadenza dicembre passano di mano a 2.591 dollari l’oncia (+0,91%) sulla notizia che l’amministrazione Biden ha autorizzato l’Ucraina all’impiego di missili a lungo raggio in territorio russo.
L’oro ha messo a segno un forte rally quest’anno – toccando una serie di record consecutivi – prima di ritirarsi all’indomani della vittoria di Trump alla Casa Bianca, che ha favorito il dollaro. L’avanzata della commodity, che alla vigilia del voto avevano segnato l’ennesimo record storico, sfiorando 2.800 dollari l’oncia, è stata sostenuta dall’aumento degli acquisti da parte del settore pubblico e dal passaggio della Fed a una politica più accomodante.
Poi la retromarcia. Sulle vendite recenti hanno probabilmente pesato anche prese di beneficio da parte di chi aveva cavalcato con entusiasmo il “Trump trade”.