Detto, fatto. Le promesse fatte da Donald Trump, durante la campagna elettorale, di adottare, una volta eletto presidente Usa, una politica di tipo protezionistico si fanno sempre più concrete. In un post pubblicato sul suo social media Truth, il presidente eletto degli Stati Uniti ha annunciato che, a partire dal 20 gennaio, giorno del suo insediamento, firmerà un ordine esecutivo per imporre dazi del 25% su tutti i prodotti importati dal Messico e dal Canada. Inoltre, ha previsto un ulteriore 10% di dazi sui prodotti provenienti dalla Cina. I tre Paesi rappresentano oltre il 40% delle importazioni statunitensi, rendendo l’impatto di tali misure rilevante.Questa mossa mira a esercitare pressione sui suoi principali partner commerciali affinché affrontino il problema del traffico di droga, in particolare il fentanyl, e l’immigrazione illegale.
Motivazioni dietro i dazi
Trump ha giustificato la sua decisione affermando che i due paesi devono fermare l’afflusso di migranti e la diffusione della droga negli Stati Uniti. Ha descritto la situazione attuale come una “invasione” e ha sottolineato che le tariffe rimarranno in vigore finché Messico e Canada non adotteranno misure concrete per risolvere questi problemi. In particolare, ha menzionato che il fentanyl, una sostanza altamente pericolosa, viene contrabbandato attraverso il confine meridionale, contribuendo a una crisi sanitaria negli Stati Uniti.
“Ho avuto molti colloqui con la Cina sulle massicce quantità di droga, in particolare di Fentanyl, che vengono inviate negli Stati Uniti – ma senza alcun risultato”, ha detto Trump, aggiungendo che, contrariamente alle promesse, Pechino non ha imposto la pena di morte a questi spacciatori.
Immediata la risposta di Pechino. “Nessuno vincerà una guerra commerciale o tariffaria”, ha dichiarato Liu Pengyu, portavoce dell’ambasciata cinese negli Stati Uniti, descrivendo la cooperazione economica e commerciale bilaterale come ‘di natura reciprocamente vantaggiosa’.
Liu ha respinto le accuse di Trump secondo cui la Cina avrebbe fatto poco per arginare il flusso di fentanyl verso gli Stati Uniti, affermando che le squadre antinarcotici dei due Paesi comunicano regolarmente da quando il Presidente cinese Xi Jinping ha incontrato il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden nel novembre 2023.
Una tariffa del 10% sulla Cina è inferiore al 20%-30% che i mercati si aspettavano, ha spiegato Kinger Lau, chief China equity strategist di Goldman Sachs, a “Squawk Box Asia” della CNBC, aggiungendo che la Cina taglierà i tassi, aumenterà gli stimoli fiscali e svaluterà moderatamente la propria moneta per contrastare l’impatto economico dell’aumento dei dazi.
Implicazioni economiche
L’introduzione di tariffe così elevate potrebbe avere conseguenze significative non solo per i paesi coinvolti ma anche per l’economia americana. Attualmente, gli scambi commerciali tra Stati Uniti, Messico e Canada sono regolati dall’accordo USMCA (United States-Mexico-Canada Agreement), che prevede l’esenzione da dazi per la maggior parte delle merci. L’imposizione di tali tariffe rappresenterebbe una violazione diretta di questo accordo e potrebbe innescare ritorsioni commerciali da parte dei paesi colpiti. Le aziende americane che esportano beni in Messico e Canada potrebbero trovarsi a fronteggiare un aumento dei costi, con ripercussioni sui consumatori statunitensi.
Le reazioni a questa proposta sono state immediate. Funzionari canadesi e messicani hanno espresso preoccupazione per le potenziali conseguenze economiche delle nuove tariffe. Il Canada ha già avvertito che tali misure potrebbero danneggiare le catene di fornitura e mettere a rischio posti di lavoro anche negli Stati Uniti.
Secondo i dati statunitensi di settembre, il Messico è il principale partner commerciale degli Stati Uniti, seguito da Canada e Cina.
Mentre in base ai dati delle dogane cinesi, gli Stati Uniti sono il principale partner commerciale della Cina a livello di singolo Paese. I maggiori partner commerciali regionali del Paese asiatico sono l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico e l’Unione Europea.
La Cina e gli Stati Uniti hanno ancora “relazioni commerciali ed economiche molto importanti”, ha dichiarato martedì a “Street Signs Asia” della CNBC Andy Rothman, investment strategist di Matthews Asia. Secondo Rothman, per ora è improbabile che la Cina intraprenda un’azione di reciprocità e ha osservato che Pechino non ha mai risposto in modo aggressivo.
“Le tensioni commerciali, sebbene non nuove (ricordiamo il 100% di dazi sulle auto elettriche cinesi introdotti durante l’amministrazione Biden), sono tornate al centro dell’attenzione con l’annuncio di Trump di nuovi dazi su Cina, Messico e Canada. Il presidente eletto ha dichiarato che gli Stati Uniti imporranno un 10% sulle importazioni cinesi e un 25% su tutti i prodotti provenienti da Messico e Canada, giustificando queste misure con la necessità di reprimere l’immigrazione illegale e il traffico di droga.
Il contesto della campagna elettorale
Questa proposta si inserisce nel contesto più ampio della campagna elettorale di Trump, dove temi come l’immigrazione e i dazi commerciali hanno giocato un ruolo centrale. Durante il suo primo mandato, Trump aveva già adottato politiche protezionistiche simili, imponendo dazi su acciaio e alluminio provenienti da vari paesi. La sua retorica si è sempre concentrata sull’idea di “America First”, promettendo di proteggere gli interessi economici statunitensi a spese delle relazioni commerciali tradizionali.
Con l’approssimarsi del suo insediamento, molti osservatori si chiedono come queste politiche influenzeranno le relazioni internazionali degli Stati Uniti. Gli esperti avvertono che un atteggiamento aggressivo nei confronti dei partner commerciali potrebbe portare a una spirale di ritorsioni che danneggerà non solo l’economia americana ma anche quella globale. In particolare, settori come quello automobilistico e dell’elettronica potrebbero subire impatti significativi a causa dell’aumento dei costi delle materie prime.
La reazione dei mercati
I mercati asiatici hanno reagito con ribassi generalizzati. Sul fronte valutario, il dollaro canadese è sceso ai minimi degli ultimi quattro anni, e il peso messicano ha toccato livelli vicini ai minimi del 2022. Anche valute legate a materie prime, come il dollaro australiano e il dollaro neozelandese, sono state colpite a causa dei loro legami con l’economia cinese.