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Terremoto all’Agenzia delle Entrate. Il direttore Ernesto Maria Ruffini lascia l’incarico di direttore e lo annuncia dalle pagine del Corriere della Sera.
Il clima è cambiato. Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare…. Dunque ha deciso? “Sì, l’ho già fatto. Mercoledì ho visto il ministro Giorgetti per avvertirlo dell’intenzione di rimettere il mandato e consentire così il regolare passaggio di consegne con chi sarà chiamato a succedermi”.
Ernesto Maria Ruffini si dimette da direttore dell’Agenzia delle Entrate
Ruffini spiega anche il motivo delle dimissioni ma senza andare troppo nei dettagli.
“Perché – spiega Ruffini – è l’unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze”.
Ruffini spiega anche che “il clima è cambiato. Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare”, spiega in un’intervista al ‘Corriere della Sera’.
Avevo già smentito dopo i primi articoli di stampa. Lo ripeto. Non condivido il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte”.
E sulle eventuali critiche all’operato dell’Agenzia da parte del governo Ruffini spiega:
“È vero. In effetti non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore.
Il riferimento di Ruffini è alle parole di Giorgia Meloni, del maggio 2023 quando la premier parlò di “pizzo di Stato”. “Sulla riforma fiscale la sinistra dice che gettiamo la spugna sulla lotta all’evasione. Mai – disse Meloni – ma la lotta a evasione fiscale si fa dove sta davvero l’evasione, le big company, le banche. Non il piccolo commerciante a cui chiedi il pizzo di Stato”. A parlare invece di famiglie “ostaggio” del fisco è stata la Lega.
Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori (…) Fatico a pensare che per cambiare le cose bastino i singoli. Per natura tendo più a credere nella forza delle persone che collaborano per un progetto comune. Affidarsi a sedicenti salvatori della Patria non è un buon affare”.
Ruffini “ha fatto bene a dire quello che pensa. Io non so se abbia detto bene, ma se pensa quello perché non dirlo”, ha detto il presidente del Senato Ignazio La Russa.
“La lotta all’evasione fiscale è giusta e non a caso negli ultimi anni sono state recuperate cifre record (nel 2023, 24,7 miliardi: 4,5 miliardi in più rispetto al 2022), ma – si legge in una nota della Lega – un conto è contrastare chi non vuole pagare le tasse e un altro è vessare, intimidire e minacciare i contribuenti che hanno rispettato le regole con le oltre 3 milioni di lettere inviate sotto Natale. A Ruffini auguriamo le migliori fortune, ma ben lontano dai portafogli degli italiani”.