Società

L’ESTATE VIRTUOSA

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(WSI) – Premesso che la signora Afef avrà usato il pattino per raggiungere qualche yacht ormeggiato nei paraggi, la foto che la ritrae a bordo del più salutista dei natanti illustra il carattere distintivo dell’estate 2008, almeno per gli habitué dello stipendio fisso: la virtuosità. Virtuosità forzata, si intende. Dettata non da crisi di coscienza, ma dalla Crisi e basta.

La mancanza di denaro, a volte, fa miracoli. Il caso di scuola è l’epidemia dei Suv. Dove avevano fallito articoli indignati e campagne ecologiste, è bastato il raddoppio del prezzo della benzina. In America le vendite dell’ordigno si sono dimezzate d’incanto e pare che analoga moria si stia verificando in quasi tutti i paesi evoluti.

Persino a Vicenza, che deteneva una specie di record mondiale per numero di Suv ogni chilometro quadrato.

Ma la virtuosità trascende i comportamenti dei consumatori per rimodellare la struttura stessa della società. Da tempo andavamo raccontando il disfacimento inesorabile della famiglia patriarcale e la sua sostituzione col modello doppio-brodo ristretto: un solo genitore divorziato e prole minorenne. Grazie all’avvento del lavoro precario e delle paghe lillipuziane, hanno cominciato col restare a casa i figli adulti. E ai primi morsi seri della crisi, si sono messe a boccheggiare anche le separazioni consensuali. Non avendo più da dividersi gli immobili, ma soltanto le rate dei mutui, le coppie e i loro consulenti spirituali (gli avvocati) hanno riscoperto le delizie della convivenza forzata. Il divorzio sta diventando un lusso per ricchi, come quasi tutte le conquiste civili degli ultimi decenni.

E non è finita: l’aggravarsi della situazione economica richiama alle armi l’esercito degli anziani, fin qui parcheggiati nelle case di cura o affidati alla marcatura assidua della badante. Le rette costano, le collaboratrici pure. Perciò il nonno si affranca dalla solitudine e fa il suo trionfale ritorno nel tinello di casa, assiso sull’omonima poltrona rispolverata per l’occasione. Il quadretto è completo: papà e mamma riuniti davanti al focolare, in compagnia di figli piccoli e grandi, sotto lo sguardo liquido degli anziani. La famiglia patriarcale al tempo della Crisi è servita.

Tutti all’ombra dello stesso tetto per mancanza di alternative meno care. Con gli sposi che si sopportano a stento tradendosi con moderazione (fra benzina, pasti e pernottamento, un weekend con l’amante ha ormai costi proibitivi) e i nonni che ricambiano le attenzioni interessate dei nipoti dando libero fondo ai risparmi che avrebbero voluto lasciare loro in eredità. Un ritorno al decoro piccolo borghese di una volta. Ma senza il decoro, ucciso per sempre dalla cattiva televisione. E senza la piccola borghesia, retrocessa nel frattempo a proletariato boccheggiante.

Gli ottimisti si consolano al pensiero che la virtuosità, ancorché forzata, rappresenti comunque un bene. Nelle ristrettezze qualche coppia riscoprirà le ragioni del defunto amore. Qualche famiglia il potere antidepressivo di una tavolata numerosa. E qualche orfano di Suv il piacere di guardare il proprio prossimo negli occhi, anziché sempre e soltanto dall’alto in basso.

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