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FIAT CHIEDE, IL FISCO ESEGUE

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(WSI) – La Fiat chiede, il Fisco esegue. Solo in Italia la rottamazione prevede che sia la casa automobilistica ad anticipare, per lo Stato, il beneficio di cui godono i consumatori. Ma tant’è. E così la Fiat ha accumulato un credito di 500 milioni nei confronti delle casse dello Stato.

Il suo leader, Sergio Marchionne, si secca e chiede a gran voce che lo Stato dia alla Fiat ciò che la Fiat ha anticipato: non fa in tempo a chiedere formalmente il dovuto che i signori dell’Agenzia delle entrate (i signori in cui sono inciampate le banche svizzere in Italia, quelli che vi chiedono indietro 100 euro di Irap non pagati e non dovuti, quelli che quando vi lamentate delle cartelle pazze chiedono rispetto per l’Istituzione e non già per i cittadini) si precipitano a dichiarare che presto verrà restituito il «maltolto».

Ma che bello, ma che bravi. Ma che bel quadretto. L’azienda anticipa per lo Stato e le Entrate si affrettano a sanare la posizione. E per di più si predispongono a farlo prima di una richiesta formale.

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Se fossimo sofisticati e non con l’anello al naso penseremmo che si tratta di una sottile mossa per rendere sempre più antipatica la Fiat alla totalità degli italiani: una mossa politica per alimentare ciò che nel Paese c’è già in gran misura e cioè l’esasperazione per il privilegio. E sì: la Fiat non solo ha ragione, ma la può vendere. Il punto non è questo. Il punto è che la soddisfazione della ragione del più grande rende più clamorosa la frustrazione del più piccolo e del più debole che invece è sempre più vessato.

Abbiamo già scritto dell’uso tutto italiano della contrattazione fiscale con i diversi agenti delle entrate sul territorio. E Befera, il capo dell’Agenzia, ci ha risposto che sono eccezioni. Ma Befera sa cosa succede, solo per fare un esempio, a un professionista con un ufficietto e una stampante, senza segretaria e altri dipendenti, che si azzardi a non pagare l’Irap?

Lo sanno all’Agenzia delle entrate che quel poverocristo, nonostante un miliardo di sentenze di Cassazione e persino della Corte costituzionale, viene trascinato in giudizio e in contenzioso. Aspettiamo l’interpello della Fiat, fanno sapere dall’Agenzia. Ma certo. Andate a Torino a prendere anche una tazza di tè con il loro direttore amministrativo: anzi scrivetelo insieme questo bel «interpello formale».

È evidente che lo spirito che anima questo articolo è di pura invidia. La Fiat si merita il rimborso. Detto per inciso i fornitori Fiat, piccoli e grandi, sembrano le vittime di questo ritardo. Il meccanismo è semplice. Lo Stato vara gli incentivi alla rottamazione. La Fiat vende a più non posso. Anticipa gli incentivi ai propri clienti. E ritarda, quanto può, i pagamenti ai propri fornitori che fanno da banca per mamma Fiat. E il cerchio si chiude sulla subfornitura: ma questo è un altro discorso. Parlavamo di invidia, che ci muove.

È quella che avevamo per la Fiat quando otteneva dalle banche il Fiat rate, qualche punticino sotto i migliori tassi di mercato. Da oggi la Fiat gode del Fisco rate. Se chiede, l’Agenzia esegue. Ecco si potrebbe dire che l’universo di imprese italiane, 5,6 milioni di cui solo 1.600 con più di 500 dipendenti, vorrebbe dallo Stato il trattamento Fiat. Per carità: magari non dategli incentivi, sussidi e detassazioni di utili, che tanto non hanno. Ma dategli un Fisco amico, esattori che capiscano che il loro stipendio è pagato dalla produzione delle nostre imprese. È chiedere troppo?

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