IOR (VATICANO) E UNICREDIT: LA PROCURA DI ROMA INDAGA PER VIOLAZIONE DELLE NORME ANTI-RICICLAGGIO
Violazione della legge 231 del 2007 che disciplina, per gli istituti di credito, una serie di norme antiriciclaggio, tra cui la trasparenza della titolarita’, sul deposito di conti correnti. Questa l’ipotesi di reato formulata dalla procura di Roma che ha aperto una indagine che coinvolge i rapporti tra l’Istituto Opere di religione (Ior), la Banca del Vaticano, e Unicredit.
Si tratta di una inchiesta, coperta dal massimo riserbo, che riguarda secondo quanto si e’ appreso uno o piu’ conti correnti, nella titolarita’ dello Ior, aperti in una filiale Unicredit di Roma. Depositi su cui sarebbero transitati almeno negli ultimi tre anni somme di circa 60 milioni di euro all’anno. La segnalazione della ‘non trasparenza’ della titolarita’ dei conti correnti e’ stata fatta dall’Unita’ di informazione finanziaria, la struttura di ‘Financial intelligence’ italiana della Banca d’Italia al Nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di finanza che indaga su delega del procuratore aggiunto della Capitale Nello Rossi e del pm Stefano Rocco Fava.
L’indagine della procura di Roma, per il momento senza indagati, mira a svelare la effettiva titolarita’ del conto aperto sulla filiale Unicredit di Roma e intestato all’Istituto opere di religione. Il sospetto di chi indaga e’ che dietro la sigla Ior, che costituisce secondo gli investigatori ”uno schermo opaco”, si possano celare persone fisiche o societa’ che tramite il conto presso la ex Banca di Roma – il periodo preso in esame risale appunto a quando la filiale che si trova in via della Conciliazione era ancora della Banca di Roma – abbiano costituito un canale per il flusso di risorse tra la banca del Vaticano e l’Italia.
Secondo quanto si e’ appreso, per l’indagine non sara’ necessario attivare richiesta di rogatoria con lo Stato Vaticano per indagare sulla titolarita’ dei conti correnti. Lo Ior, secondo le indagini, ha emesso assegni e bonifici intestati sempre all’Istituto di opere di religione. Anche su questo aspetto sono in corso indagini del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza per risalire ai beneficiari dei titoli bancari e anche a chi ha emesso sia bonifici, sia assegni.(Ansa)
__________________________________
di Giacomo Galeazzi (La Stampa)
Un fiume di denaro gestito dalla banca vaticana, operazioni finanziarie «anomale», fondi intestati allo Ior e privi di proprietari dichiarati. Ora la procura di Roma vuol conoscere chi si cela sotto l’acronimo «Istituto per le opere di religione» che dal 2003 ha aperto alcuni conti nella filiale Unicredit di via della Conciliazione, al confine con le Mura Leonine. Depositi creati quando la filiale era ancora della Banca di Roma, prima del passaggio a Unicredit.
Il mistero è racchiuso soprattutto in un tesoro da 180 milioni di euro i cui veri titolari sono per ora sconosciuti e «protetti» dallo «schermo opaco», come lo hanno definito gli investigatori, costituito dallo Ior. Per statuto la banca d’Oltretevere, che si è sempre ritagliata un ruolo autonomo al punto da non figurare nemmeno nei bilanci della Santa Sede, può avere come clienti enti ecclesiastici, sacerdoti e laici residenti in Vaticano, stranieri purché destinino parte dei fondi a opere di bene. L’incognita, però, è a monte: la titolarità dei conti Ior, «top secret» e non sottoposti a tassazione.
Gli accordi con lo Stato italiano consentono all’Istituto vaticano (in passato protagonista di scandali clamorosi come la maxitangente Enimont ed il crack dell’Ambrosiano), un’operatività da banca offshore. La clientela riceve discrezione totale nelle operazioni utilizzando una banca che gestisce transazioni finanziarie fuori dagli accordi interbancari e dai filtri internazionali. Con il rischio che diventi una «lavanderia», un paradiso fiscale che non risponde a nessuna legislazione.
Dietro il conto all’Unicredit può esserci chiunque, osservano in procura. Quella provvista poteva servire a coprire qualunque tipo di attività: una sorta di bacino finanziario che assicurava flussi di denaro da e per i correntisti protetti dalla discrezione propria della finanza d’Oltretevere. Lì sono transitati dal 2003 circa 60 milioni di euro all’anno. Per ora i magistrati hanno aperto un fascicolo ipotizzando la violazione della legge 231 del 2007 che disciplina, per gli istituti di credito, una serie di norme antiriciclaggio, tra cui la trasparenza della titolarità, sul deposito di conti correnti.
L’indagine è appena agli inizi e per il momento è focalizzata sui rapporti tra Ior e Unicredit. Ma l’inchiesta, che ha creato non pochi imbarazzi in Vaticano, riguarderebbe anche altri conti correnti, nella titolarità dello Ior, aperti nella stessa filiale. Depositi di differente importanza: sia di grande entità sia di valore più contenuto.
La segnalazione alla Procura della «non trasparenza» della titolarità dei conti è stata fatta dalla «Unità di informazione finanziaria» (la struttura di «financial intelligence» della Banca d’Italia) al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza che indaga su delega del procuratore aggiunto della Capitale Nello Rossi e del pubblico ministero Stefano Rocco Fava. Il sospetto di chi indaga è che dietro la sigla Ior si possano celare persone fisiche o società che abbiano costituito un canale per il flusso di risorse tra la banca del Papa e l’Italia. Per l’indagine non sarà necessario attivare richiesta di rogatoria con lo Stato vaticano.
Del resto, il nuovo presidente dell’Istituto, l’economista Ettore Gotti Tedeschi, intende assicurare trasparenza e collaborazione con la magistratura rispetto ad operazione riconducibili alla precedente gestione. Unicredit, secondo le indagini, ha emesso assegni e bonifici intestati sempre e solo alla banca vaticana. Anche su questo sono in corso indagini della Finanza per risalire ai beneficiari delle operazioni: il gruppo milanese fa sapere di essersi adeguato da tempo alle normative collaborando con le autorità di vigilanza.
Sono tanti gli scandali che nel corso degli anni hanno coinvolti lo Ior, la banca vaticana, dando vita a una serie infinita di illazioni, a volte fondate, a volte assolutamente fantasiose. Le spericolate operazioni finanziarie mascherate da opere di carità e fondazioni di beneficenza nella gestione Caloia-De Bonis negli Anni 90. Oppure i titoli di Stato scambiati per riciclare i soldi di Tangentopoli (la maxitangente Enimont su tutte) e il sofisticato sistema di conti cifrati dove sono transitati centinaia di miliardi. Depositi intestati a banchieri, imprenditori, immobiliaristi, politici e custoditi nell’archivio segreto del contabile vaticano Dardozzi.
Copyright © La Stampa. All rights reserved