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DANNI COLLATERALI E CRESCITA FUTURA

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(WSI) – La maggioranza degli esperti è d´accordo su un punto: il 2010, che è appena cominciato, sarà un anno di crescita, ma di crescita mediocre. Se poi dovesse accadere che la polveriera iraniana salta per aria (o che le installazioni nucleari dell´Iran vengono attaccate e bombardate), allora l´anno che si è aperto, potrebbe anche essere molto peggio.

Ma, anche rimanendo nello scenario più tranquillo, senza dirompenti eventi bellici sullo sfondo, il 2010 è visto come un anno mediocre, che sarà seguito (purtroppo) da altri anni mediocri. Forse quattro o cinque. O, forse, anche di più. Tutto questo, ovviamente, va messo nel conto della Grande Crisi. E, in particolare, di Joe l´idraulico, cioè del consumatore americano, che prima della crisi andava al supermercato con il suo super-Suv a fare la sua super- spesa tutti i sabati.

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Ebbene, Joe l´idraulico e i suoi amici consumatori americani contribuivano ogni anno per il 25 per cento circa alla formazione del Pil mondiale. Ma proprio Joe e i suoi colleghi sono stati colpiti molto pesantemente dalla crisi. I loro risparmi sono stati a volte dimezzati (crollo del mercato immobiliare e delle Borse) e le loro fonti di reddito a volte si sono ridotte a zero (licenziamenti).

Nel complesso è presto per calcolare di quanto si è ridotta la capacità di spesa «corrente» degli americani, ma di sicuro si sa solo che la legnata è stata molto forte. Inoltre, se fino all´altro ieri Joe e soci spendevano anche il reddito che non avevano (perché, tanto, erano sicuri di averlo, un giorno), adesso non è più così. Oggi, semmai, la situazione si è rovesciata: non sono più tanto sicuri di avere fra un anno nemmeno il reddito che hanno adesso.

E quindi sono diventati molto prudenti nelle loro spese. Circolano delle stime e c´è chi calcola che occorrano fra i quattro e i cinque anni perché agli americani torni la voglia di spendere che avevano prima della Grande Crisi. Quattro o cinque anni perché il motore che faceva girare un quarto del Pil di tutto il mondo (i consumi americani) torni a girare a pieno regime.

Questo significa che, per paesi che hanno legato la loro economia alle esportazioni in misura rilevante (per non andare lontani:

Germania (e la sub-economia italiana) bisognerà mettere in conto qualche anno di difficoltà. Il loro miglior cliente (Joe l´idraulico) se ne sta laggiù, nel Kansas, con pochi soldi in tasca, molte preoccupazioni e guarda il suo super-Suv con più di un senso di colpa. E non è nemmeno detto che alla fine il consumatore americano torni a essere quello di prima. Magari mette la testa a posto e per i prossimi decenni spenderà solo parte di quello che guadagna e non anche i soldi che ancora non ha.

In sostanza, il futuro potrebbe dover contare meno sugli acquisti di Joe l´idraulico e dei suoi amici. Si potrebbe avere, cioè, un cambiamento strutturale nei protagonisti del commercio internazionale (e non è detto che i consumatori dei paesi emergenti possano prendere il posto di quelli americani tanto in fretta).

In conclusione, i paesi che fino a questo momento sono stati forti esportatori (che sono andati, cioè, a cercare la crescita soprattutto fuori casa), farebbero bene a riorganizzarsi in modo diverso, prevedendo di dare più spazio alla domanda interna.

Cioè ai consumi dei loro cittadini. Ma questo significa avere un fisco meno pesante, un welfare state che costi meno, e stipendi più elevati. E, naturalmente, produzioni più pregiate. Una vera rivoluzione.

Basta dare un´occhiata, però, alla politica (tanto in Germania quanto in Italia) per capire che non si vede all´orizzonte una generazione di leader capace di operare questo cambiamento. Oggi gli europei (e l´Italia con loro) sono in grado, al massimo, di navigare un po´ nella tempesta (se non è troppo violenta), non di cambiare rotta e di fare una rivoluzione nel proprio stile di vita e nelle proprie economie. E quindi non resta che affidarsi alla buona sorte e rassegnarsi a una serie di anni grigi.

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