(Teleborsa) – Sostanziale stabilità a marzo della fiducia delle imprese manifatturiere. Secondo l’indagine Isae, l’indice considerato al netto dei fattori stagionali e calcolato in base 2000=100, si attesta a 84,1 da 83,8 dello scorso mese. Sostanzialmente stabili sono tutte e tre le serie componenti l’indicatore, con il livello ordini che si conferma su livelli modesti, quello delle scorte stazionario al di sotto dei valori considerati normali e quello delle attese di produzione sui massimi dal maggio 2008. Le prospettive economiche restano anch’esse stabili rispetto al mese precedente; qualche segno di recupero emerge invece dalle aspettative sull’occupazione. Emergono però differenze significative tra i vari comparti produttivi: la fiducia scende leggermente nei beni di investimento (dove l’indice passa da 78,4 a 77,7) mentre aumenta leggermente in quelli intermedi (da 82,9 a 83,4) ed in modo più marcato nei beni di consumo (da 87,5 a 89). Differenze ancor più marcate si trovano a livello territoriale: il clima di fiducia cala nettamente nel Nord Est e soprattutto nel Mezzogiorno (attestandosi rispettivamente da 81,4 a 79,1 e da 85,1 a 80,4); la fiducia cresce invece in misura moderata nel Nord Ovest (da 83,9 a 84,6) e recupera nettamente nel Centro (da 85,3 a 87,8). Segnali favorevoli giungono dalle domande trimestrali sull’attivita’ di esportazione. Recupera infatti lievemente il giudizio e migliorano nettamente le previsioni sull’andamento del fatturato all’export. Cala ancora inoltre la quota di quanti segnalano la presenza di ostacoli all’esportazione, principalmente grazie a minori vincoli per reperire finanziamenti e per altri ostacoli, probabilmente legati in questa fase all’andamento della domanda internazionali. Crolla però il rapporto fra prezzi all’export e prezzi praticati sul mercato interno, che torna negativo in termini di saldo per la prima volta dal 2001. La Germania e la Cina restano i paesi percepiti come i maggiori concorrenti sui mercati interni ed internazionali, seguiti dagli altri paesi extra-Europei, oltre che da Francia e Stati Uniti. Dal lato dei mercati di sbocco, infine, emerge un aumento del ruolo dei paesi europei di minore dimensione (che raccolgono ora il 28% dell’export contro il 25% di tre mesi prima) e di quelli extra Europei diversi dagli Stati Uniti (il 17% dell’export, contro il 15% di dicembre).
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