Quattordici persone — tra cui cinque funzionari del Banco Desio accusati di aver architettato un sistema per aiutare i clienti a trasferire all’estero somme guadagnate in nero — sono state denunciate dalla Guardia di Finanza per riciclaggio ed evasione fiscale internazionale.
Ne danno notizia le Fiamme Gialle, mentre non è stato al momento possibile ottenere un commento dall’istituto di credito.
Gli ideatori del sistema, che la Gdf in una nota definisce veri e propri “esperti dell’alta finanza”, si sarebbero mossi personalmente per raccogliere contanti in tutta Italia — soprattutto a Roma, Milano, Firenze e Modena — e portarli in una filiale a Lugano per depositarli su conti “cifrati”.
Variegato il ventaglio delle persone che affidavano ai funzionari dell’istituto i guadagni non denunciati al fisco italiano: imprenditori della sanità privata e del settore edile, antiquari, agenzie di viaggio ed anche un sacerdote.
Per lui, spiega una nota della Gdf, vi era il progetto di creare nelle isole Cayman una società off-shore sui cui conti far transitare gli importi dei suoi libretti al portatore. Trattandosi di cifre consistenti, il compenso richiesto — in genere l’1% delle somme trasferite — sarebbe stato molto più alto del normale.
“Quasi quattro milioni di euro è l’ammontare complessivo delle transazioni che sono state veicolate in territorio elvetico dall’Italia”, spiega a Reuters al telefono il tenente colonnello Roberto Piccinini, del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma.
“Complessivamente, nella struttura estera del Banco Desio (che conta di una fiduciaria, alcune società costituite ad hoc e la filiale vera e propria) sono stati ritrovati più di 26 milioni di euro”.
La posizione dei denunciati, spiegano le Fiamme Gialle, è ora al vaglio dell’autorità giudiziaria.
Il trucco usato dai funzionari, spiega la nota, era quello di far girare meno contante possibile per evitare di essere fermati al confine e di vedersi sequestrare il “bottino”: chi voleva trasferire le somme le consegnava infatti personalmente al funzionario di banca che, a sua volta, le metteva a disposizione di altri clienti bisognosi di liquidi da spendere in Italia.
Qualche giorno dopo, le operazioni venivano registrate presso la banca estera, a credito e a debito a seconda dei casi e per i contanti movimentati. In cambio, i correntisti dovevano pagare una percentuale sulle somme e compilare una ricevuta.
Un altro metodo impiegato, spiegano le Fiamme Gialle, era il ricorso a società fantasma nei paradisi fiscali, costituite tramite fiduciarie in Svizzera e in Lussemburgo, che venivano utilizzate sia per l’emissione di false fatture relative a finte consulenze allo scopo di trasferire all’estero denaro solo formalmente giustificato dalle fatture, sia per realizzare, a favore dei clienti più ricchi — tra cui anche i titolari di una nota clinica privata di Roma –, un complesso sistema di cartolarizzazione dei crediti.
Molti erano poi i “servizi extra” offerti dai funzionari di banca, secondo gli investigatori, come il cambio in totale anonimato di valuta estera e la messa a disposizione, presso le filiali italiane del gruppo, di cassette di sicurezza, dove i clienti potevano parcheggiare le mazzette di contanti senza il rischio di segnalazioni prima che fossero trasferiti in Svizzera.