*Questo documento e’ stato preparato da Alessandro Fugnoli, strategist di Abaxbank ed e’ rivolto esclusivamente ad investitori istituzionali ovvero ad operatori e clientela professionale ai sensi dell’allegato n.3 al reg. n.16190 della Consob. Le analisi qui pubblicate non implicano responsabilita’ alcuna per Wall Street Italia, che notoriamente non svolge alcuna attivita’ di trading e pubblica tali indicazioni a puro scopo informativo. Si prega di leggere, a questo proposito, il disclaimer ufficiale di WSI.
(WSI) – Si esce di casa la mattina e si nota con meraviglia che le case sono ancora in piedi, che qualche auto circola e che ci sono ancora dei negozi aperti. Si passa davanti alla banca e si osserva stupiti che non è ancora stata chiusa e nemmeno nazionalizzata. Si arriva in ufficio e si nota con una certa sorpresa che la roulette russa che ogni quattro secondi fa perdere il posto a un americano (e in Europa fra poco sarà lo stesso) ci ha risparmiato.
I bear market rally sono figli (anche) di questo stupore. E’ la stessa meraviglia che gli sceneggiatori dei film inducono nello spettatore quando fanno muovere gli occhi al morto disteso sul lettino della morgue. Ci eravamo dunque sbagliati, era morte apparente, come quella che piaceva tanto a Edgar Allan Poe.
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Dopo settimane di lutto per una Cina precipitata in una crisi profonda e avviata verso immensi conflitti sociali destinati a dissolverla (quella della dissoluzione imminente della Cina è una storia che circola da trent’anni) scopriamo che la dirigenza cinese vuole, fortissimamente vuole, una crescita dell’8 per cento per quest’anno. Non c’è bisogno di prendere alla lettera quell’8, basta la metà ed è comunque una bella sorpresa. Quanto ai conflitti sociali, continueranno endemici ma non si trasformeranno in moti organizzati e sommovimenti politici.
Un altro morto che respira, ancora più importante della Cina, è il consumatore globale. Lo shock, per lui, era stato in ottobre, quando aveva temuto di perdere i risparmi di una vita che teneva in banca e che considerava da sempre assolutamente sicuri. Oggi, naturalmente, il consumatore globale teme di perdere il lavoro, ma finché lo mantiene vive in uno stato di stress, che è diverso da uno stato di shock. Lo shock induce al blocco totale e immediato di qualsiasi acquisto non indispensabile, lo stress provoca invece un adattamento
graduale dello stile di vita.
Le vendite di auto, ad esempio, sono crollate in tutto il mondo verticalmente e simultaneamente in ottobre. Da ottobre a gennaio si sono stabilizzate e in febbraio hanno ripreso a scendere, ma non drammaticamente. Da qui in avanti questa discesa dolce, fisiologica in fasi di recessione, sarà però contrastata da due fattori importanti.
In Europa entreranno in funzione gli incentivi fiscali alla rottamazione. In America, dove almeno un terzo delle mancate vendite di auto è stato dovuto in questi mesi alla scomparsa quasi completa del credito ai compratori, le banche stanno riprendendo i finanziamenti. Questa ripresa non è dovuta a un improvviso ritorno di coraggio nell’impiegare i soldi ma al fatto che le banche, già a partire dal 25 marzo, rivenderanno alla Fed i prestiti auto che stanno di nuovo erogando. E’ la Talf, ovvero quel trilione che i mercati hanno ostinatamente snobbato e ignorato e che però sta davvero per iniziare a entrare in circolazione.
Il terzo morto che è sembrato muoversi, anche se non se ne ha certezza e si attendono conferme, è l’est europeo. Se nel G20 gli europei saranno riusciti a convincere i sauditi e i cinesi a seguire il buon esempio dei giapponesi e rifinanziare il Fondo Monetario, questo avrà la possibilità di concedere prestiti vitali a tutto l’est europeo. Questi prestiti verranno girati alle banche, che li gireranno a loro volta alle imprese. Una parte dei fondi servirà a stabilizzare i cambi, fatto apprezzabile in paesi in cui banche, imprese e famiglie sono indebitate in valuta.
Non è certo che gli europei, come sempre piuttosto arroganti, riescano a convincere i cinesi a salvare l’est e l’Austria (e, a cascata, parecchie banche occidentali) quando loro stessi, per primi, lesinano gli aiuti. Il miracolo però non è da escludere, anche perché cinesi e sauditi (come i giapponesi) sono sempre ansiosi di apparire buoni cittadini del mondo. Per il resto, dal G20, è meglio non aspettarsi niente.
Sarà un dialogo tra sordi in cui gli Stati Uniti chiederanno all’Europa (che ha già detto di no) di adottare politiche fiscali più aggressive, mentre l’Europa chiederà all’America (che dirà di no) di regolare gli hedge fund che, notoriamente, ostacolano con tutte le loro forze la ripresa globale.
Anche il petrolio, dato per finito e inevitabilmente destinato ai 25 dollari, mostra un tenace attaccamento alla vita e respira ancora sopra i 40 dollari. La discesa della domanda è stata immediata, quella dell’offerta graduale e non ancora completata. Lo scenario più probabile è quello di un mantenimento di questi livelli.
Un ultimo caso di morte apparente verificatosi negli ultimi giorni è quello di grandissime banche americane date già più volte per nazionalizzate e fallite che improvvisamente ci informano di buoni utili operativi realizzati nei primi due mesi dell’anno. Per alcune grandi banche, in effetti, viene in mente il titolo di un bellissimo libro di Giovanni Sannucci uscito l’anno scorso, A Parte il Cancro Tutto Bene. A parte gli asset tossici la vita è una cosa meravigliosa se ci si finanzia a zero presso la Fed e si ha un carry da sogno sugli impieghi e sui titoli.
Tutti questi risvegli hanno trasformato la vita degli short, abituati da alcuni mesi a essere viziati da un Pil americano ed europeo (in Asia è ancora peggio) in contrazione annualizzata del 7 per cento e da utili in caduta libera. Abbiamo l’impressione che da qui in avanti gli short avranno ancora buone possibilità di guadagno, ma dovranno iniziare a mettersi a lavorare. E’ il passaggio, per loro, da un Eden in cui, sdraiati su un’amaca, frutti succulenti cadono in bocca già sbucciati a un mondo agricolo in cui i campi vanno coltivati e in cui esistono le stagioni, incluse quelle secche dei bear market rally.
La complacency, l’eccessiva rilassatezza, non è infatti un’esclusiva dei long. Anche agli short capita, e come, di lasciarsi prendere la mano e diventare avidi. Ecco quindi spiegato questo primo rally, che prevediamo limitato nelle dimensioni, se non nella durata. Un secondo momento spiacevole, per gli short, potrebbe arrivare a maggio. Finiti gli stress test delle banche americane, alle spalle i dati meravigliosi (per gli short) su economia e utili nel primo trimestre, potremmo vedere un rally un poco più solido di quello di questi giorni.
Un terzo rally, ancora maggiore, potrebbe arrivare in estate. Oggi siamo ormai abituati a economie che decrescono del sette annualizzato. Fra un paio di mesi quel sette potrebbe diventare tre o quattro. Sarebbe un passo avanti, ma sarebbe difficile giustificare borse in rialzo duraturo con una contrazione ancora rilevante dell’economia. Da giugno luglio in avanti, invece, potremmo cominciare a intravedere e sognare un meno uno o meno due, grazie agli effetti del pacchetto fiscale. Poiché tutto è relativo, un meno uno per chi viene da meno sette assomiglia al paradiso.
Bisognerà stare attenti, quando arriverà quel momento, a non scambiarlo per la fine della crisi. Bisognerà rimanere prudenti perché una ricaduta nel 2010 sarà probabile. Per questo ci sembrano conciliabili sia l’idea di Trichet per cui siamo vicini a un momento di recupero sia l’idea del Fondo Monetario (che forse forza leggermente le cose perché è a caccia di soldi) per cui anche il 2010 sarà un anno di passione.
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