Società

Abolizione Imu: missione impossibile?

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ROMA (WSI) – Il guaio è che alleggerire l’Imu – proposta che il Pdl ritiene irrinunciabile in una fase in cui il Pd non ha le idee chiare – non creerebbe lavoro, non rilancerebbe l’economia. Anzi, al momento non si sa nemmeno dove trovare i soldi per rinviare l’aumento dell’Iva fissato per il 1° luglio da una legge in vigore.

Il Presidente del consiglio incaricato ha appena mosso i primi passi che già su di lui si scaricano attese purtroppo irrealizzabili, come se invece di stringere un patto di governo si dovesse ricominciare la campagna elettorale.

Sì, le tasse sono troppe, e tutti in Italia non vediamo l’ora che scendano. Ma non ci si può illudere che riducendo a 500 da 945 il numero dei parlamentari o dimezzando il finanziamento pubblico dei partiti – scelte che pure sarebbe opportuno adottare – si trovino sufficienti risorse per ridurre il carico tributario a un Paese di 60 milioni di persone. Salvo mettere nei «costi della politica» anche gli stipendi di moltissimi dipendenti pubblici, i conti proprio non tornano.

L’orientamento dell’Unione europea sta cambiando; matura la conclusione che con l’austerità si sia esagerato. Via via è stato allentato l’impegno durissimo a cui si era piegato il governo Berlusconi nel tentativo di salvarsi, il pareggio di bilancio nel 2013. Ma i margini in più ottenuti sono già stati usati per intero, come ha avvertito la Banca d’Italia. Serviranno a pagare i debiti dello Stato verso le imprese, misura sollecitata da tutti i partiti, assai utile per dare fiato all’economia.

È vano sperare che si possa strappare ancora di più – un deficit superiore al 3% del prodotto lordo – prima delle elezioni tedesche di settembre; né è certo che ci farebbe bene, dati i timori che nel mondo causa il nostro debito pubblico.

Per il 2013, sarà già un successo per il nuovo governo se riuscirà a coprire con nuovi tagli alle spese i 7-10 miliardi inevitabilmente assorbiti da maggior cassa integrazione rispetto al previsto e altre voci che il governo uscente lascia non finanziate.

Rinviare al 2014 l’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, come quasi tutti auspicano, costerebbe altri 2 miliardi. Stando così le cose, i margini per ridurre il carico fiscale sono pressoché inesistenti.

La scelta più sensata sarebbe puntare su misure che offrono almeno la speranza di pagarsi da sole, ossia capaci di dare impulso all’attività produttiva. Sono per l’appunto quelle al centro del documento dei «saggi» incaricati dal presidente della Repubblica.

La principale è il credito d’imposta ai lavoratori a basso salario. Sarebbe uno sgravio mirato ai più poveri e anche ai giovani, perché sono spesso i giovani a guadagnare meno. Invoglierebbe le imprese ad assumere; è stato sperimentato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna con buoni risultati.

Invece servirebbe poco o nulla abolire l’Imu sulla prima casa, costo ben 4 miliardi. Si capisce che in una crisi grave come questa, in cui si è costretti a stringersi a ciò che si ha, venga istintivo proteggere il patrimonio principale della maggior parte delle famiglie, la casa. Però occorre ragionare: è più lavoro che serve, è il lavoro che bisogna detassare se si può.

Il peso del fisco è davvero eccessivo soprattutto per le imprese che lavorano rispettando tutte le leggi; l’incentivo ad evadere frena l’efficienza e alimenta il malaffare. Le grandi coalizioni valgono se impongono una pausa alle rincorse demagogiche tra partiti rivali. Misura la gravità dei rischi non che Beppe Grillo abbia definito l’Italia «vicina alla bancarotta», ma che nel mondo le sue parole non siano state ignorate, o subito archiviate come battuta da comico.