ROMA (WSI) – Gli italiani cominciano a subaffittare parti di casa loro. E’ un segnale molto inquietante, fino ad oggi consideravamo inviolabili gli spazi in cui vivevamo, da soli o con la famiglia. Il fatto che stiamo retrocedendo rispetto alla nostra pudicizia a condividere la “tana” significa che la crisi comincia veramente a scombinare nel profondo la nostra lista delle priorità.
La necessità diffusa di inventarsi come affittacamere, come supporto a budget familiari traballanti, si legge chiaramente negli oltre 800 mila annunci attraverso cui ogni giorno offrono una porzione della propria casa: solo nell’ultimo anno sono il 14 per cento in più, il 26,5 per cento in più negli ultimi due. Secondo l’analisi di Immobiliare.it gli italiani hanno bisogno di fare cassa e per riuscirci, stanno rinunciando persino alla loro privacy casalinga. Se prima veniva messo in locazione l’intero appartamento, da dividere magari tra più studenti o lavoratori, oggi il 26 per cento delle offerte di affitto è rappresentato da singole stanze all’interno dell’abitazione del proprietario.
E’ uno scenario quasi da “Poveri ma belli“, in cui era normale che in una famiglia si subaffittasse il letto del figlio a una guardia notturna che lo usava per dormire di giorno. Avevamo oramai dato per acquisito che si poteva pure stringere la cinghia, ma una volta chiusa la porta di casa, almeno in quel nostro ultimo ridotto, avremmo potuto sentirci tranquilli. Invece non è più così, la riservatezza dei nostri spazi più privati è la prima grande conquista, quando il benessere attraversa la società.
L’obbligo alla promiscuità è sempre il vero sinonimo di un forte disagio comune. Riporta alla memoria tempi difficili, racconti di anziani di quando c’era la guerra e la fame. Rievoca lo spettro antico degli anni in cui si dormiva tutti in una stanza e il resto si affittava per tirare avanti.
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