MILANO (WSI) – Una vera e propria cura dimagrante quella in atto per le banche italiane che, secondo il sindacato Fabi, hanno visto già oltre 22mila posti di lavoro tagliati a fronte di quasi 3600 assunzioni.
“Numeri importanti, ma si tratta di uscite volontarie con l’obiettivo raggiunto di evitare i licenziamenti perpetrati in tutta Europa e di garantire il ricambio generazionale“.
Così dalle pagine di Repubblica Lando Maria Sileoni. I numeri più pesanti? In Unicredit quasi 4mila uscita volontarie, contro 2mila nuove assunzioni. Nel piano 2017-2019 invece il gruppo Intesa/Popolari venete prevede 3900 uscite volontarie di cui circa 1.000 nelle Popolari venete e la chiusura di 600 sportelli.
Monte Paschi di Siena nel piano al 2021 prevede ben 5.500 uscite volontarie di cui 1.800 già concordate con i sindacati. Il Gruppo Ubi prevede nel piano 2017-20 2.750 uscite volontarie a cui si devono sommare le 1.500 delle 3 good bank (ex banca Marche, Banca Etruria e Carichieti).
Infine il Gruppo Banco Popolare Bpm prevede nel piano 2016-19 1.800 uscite a fronte di 400 nuove assunzioni.
Numeri che in totale per oltre 7 anni in Italia prevedono la chiusura di quasi 7.000 sportelli bancari, con un flessione del 26,22%.
“Non sono scelte di strategia aziendale ma scelte obbligate per non affogare. Non chiudono per una scelta oculata, chiudono indiscriminatamente per abbattere il costo della gestione. E fino a ora se ne avvantaggiano le banche di credito cooperativo e gli uffici postali”.
Il sindacato lancia un monito: il Fondo esuberi dei bancari “non deve essere toccato”, altrimenti “sarà guerra.