ROMA (WSI) – Le Poste aderiscono, le banche protestano. E nella classe business rischia di scoppiare una lite che potrebbe mettere a repentaglio il decollo di Alitalia-Etihad.
Intesa Sanpaolo (primo azionista con il 20,59%) e Unicredit (12,99%) hanno infatti accolto con irritazione le condizioni indicate da Poste (19,48%) per l’adesione al progetto. Il nuovo ad Francesco Caio si dice pronto a investire 39 milioni in New Alitalia, alla quale verranno conferiti 11.036 dipendenti, gli aeromobili e gli slot, in cambio del 5%, sulla base peraltro di una valutazione generosa, la stessa di quella che permetterà ad Abu Dhabi di avere il 49% con un investimento complessivo (equity e acquisto di slot di Londra) di 560 milioni.
Ebbene, sulla proposta ieri si sono intrecciati colloqui fra rappresentanti delle due banche, l’advisor di Cai (Citi), di Poste (Credit Suisse) ed esponenti del governo. «Se Caio non fa marcia indietro riallineandosi al piano Etihad – avrebbe minacciato uno dei principali banchieri al telefono – noi prenderemo il largo». Non è dunque bastato l’intervento di Palazzo Chigi su Caio, che in una lettera all’ad di Alitalia subordina a sei condizioni (rivelate dal Messaggero di ieri) il suo sì a partecipare alla ricapitalizzazione da 250 milioni della compagnia. Condizioni che, come detto, hanno fortemente irritato gli altri soci «perché sono state cambiate le carte in tavola». Caio chiede che tutte le necessità della vecchia Alitalia «siano coperte da altri soci diversi da Poste». La risposta del banchiere interpellato daMessaggero: «È inaudito, Poste oggi è un azionista come gli altri, che ha accettato le condizioni di Alitalia fin dal momento in cui è entrata nel capitale. Che senso ha chiedere un trattamento privilegiato?».
Domani a Roma si avrà un incontro chiarificatore fra banche, Poste, advisor, esponenti del governo e Del Torchio. Si tenterà di disinnescare la mina, perchè rischia di esplodere nella settimana decisiva. Infatti, secondo la tabella di marcia la firma del contratto fra Alitalia ed Etihad dovrebbe avvenire venerdì 25, prima dell’assemblea per il varo dell’aumento in relazione al quale sono attesi gli impegni dei soci a versare la propria quota nel caso in cui la Holdco, dove finiranno 565 milioni di debiti ristrutturati e le pendenze dei contenziosi, dovesse aver bisogno di liquidità.
Con la nuova posizione assunta da Poste, quasi tutto l’onere ricadrebbe sulle spalle di Intesa e Unicredit, atteso che degli altri azionisti solo Atlantia e Immsi farebbero la loro parte. Secondo la variante di Caio, holdco dovrebbe avere il 46% di New Alitalia: questa quota, aggiunta al 5% di Poste, fa sì che la maggioranza della nuova compagnia sia in mani europee, ma la Ue ha chiesto che il 51% sia in mani private, mentre con la versione di Poste la quota scenderebbe nonostante il patto di sindacato.
Tra mercoledì e giovedì dovrebbe svolgersi il cda di Alitalia per approvare il testo del contratto. Ma tutto è subordinato al vertice di domani, in vista del quale, però, oggi dovrebbe tenersi, via conference call, un incontro preliminare per preparare il terreno. Oltre tutto, l’eventuale ingresso di Poste direttamente in New Alitalia cambierebbe lo schema di operazione alterando il piano industriale alla base del quale Etihad ha concepito il matrimonio: i soci della nuova Alitalia sarebbero tre e non due e quindi anche la governance dovrebbe rispecchiare questo assetto. A questo proposito ieri anche Abu Dhabi avrebbe manifestato il suo disappunto sulla scorciatoia elaborata da Poste, perché nel suo schema di alleanza non è previsto un terzo azionista nella nuova società aerea.
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