I lavoratori hanno espresso la loro posizione: No all’accordo! Già il fatto che il Sindacato non abbia saputo intercettare anzitempo la posizione dei lavoratori che pensa di rappresentare, non è stato un buon segnale.
A questo punto, non rimane che l’amministrazione straordinaria, in applicazione della c.d. legge “Prodi” (L.95/1979), valido per grandi aziende che versino in stato d’insolvenza con più di 200 dipendenti e pensata per imprese private.
Salvare la compagnia di bandiera rimane certamente un dovere del nostro sistema Paese, cercando per quanto possibile di non aggravare il perpetuarsi di una gestione fallimentare in perdita da troppi anni.
Volendo scongiurare la liquidazione, è tuttavia impensabile allo stato attuale trovare un compratore per un’azienda che produce debiti, con costi eccessivi e fuori mercato perché incapace di competere.
Il vero problema, come sempre, è oggi quello di trovare un management all’altezza della sfida sul mercato dei voli, anche internazionali. La colpa è anche degli ultimi anni di mala gestione.
Bisogna ripetere l’esperienza di grandi crisi aziendali dove lo Stato ci ha messo le risorse e con un serio piano industriale, nel giro di qualche anno riuscire a portare “in bonis” i bilanci di Alitalia.
Si è già fatto per situazioni analoghe come nel salvataggio del sistema bancario e creditizio, per quello siderurgico (ILVA di Taranto).
Quello di legare i compensi della futura classe dirigente, ivi compreso il personale di terra e di volo, ai risultati economici raggiunti potrebbe essere un metodo per responsabilizzare tutti nell’affrontare una sfida difficile da vincere.
Al raggiungimento di uno standard affidabile, aumentando significativamente la qualità dell’offerta e quindi dei risultati economici, potranno trovarsi potenziali acquirenti in grado di ricapitalizzare lo stato patrimoniale e rilanciare la nostra Compagnia di bandiera.
Diversamente, si fa prima e meglio a portare i Libri contabili in Tribunale. Chi vivrà vedrà e per intanto, navigazione a vista!