ROMA (WSI) – In apparenza sembra una mossa difensiva, in realtà è il primo passo di Alitalia verso le nozze con i franco-olandesi. Stamattina Colaninno e soci riuniscono il consiglio di amministrazione della compagnia italiana, all’ordine del giorno la richiesta di un aumento di capitale fino a 150 milioni di euro. Lo sottoscriverà per certo la Immsi del presidente Roberto Colaninno: fonti industriali riferiscono che ieri il suo consiglio di amministrazione avrebbe già deliberato il sì per una cifra compresa fra gli 11 e i 12 milioni di euro. Con molta probabilità diranno sì altri tre grandi soci: Intesa Sanpaolo, la famiglia Benetton (hanno circa il 9% ciascuno), e soprattutto Air France-Klm, primo socio con il 25%.
L’amministratore delegato Del Torchio e Colaninno vogliono evitare il rischio che il socio franco-olandese si metta ad attendere sull’argine i resti di un’azienda fallita: questo è ciò che ieri hanno riferito in un incontro con il ministro dello Sviluppo Zanonato. L’aumento di capitale serve ad allungare la vita ad Alitalia, ma in realtà, non potendo prescidere dal consenso del socio straniero, serve allo stesso ad avvicinare la fusione senza contraccolpi. Il problema non è il se, ma il come e il quanto.
Nelle scorse settimane Del Torchio aveva quantificato in 355 milioni le esigenze di cassa, reperibili per 55 milioni dai soci che non avevano sottoscritto un precedente prestito di 150 milioni, altri 300 attraverso la ristrutturazione del debito, l’allungamento delle scadenze e il reperimento di mezzi finanziari freschi sul mercato. Il debito Alitalia ammonta complessivamente a 1,1 miliardi, circa 500 dei quali sono esposizioni verso le banche, il resto è frutto degli impegni presi da Alitalia per l’acquisto degli Airbus ordinati da Carlo Toto, tuttora socio ed ex patron dell’Air One.
Il primo ostacolo da superare è questo: i francesi chiedono l’allungamento delle scadenze dei debiti con le banche e la revisione dei contratti con Toto, potendo già contare, per l’acquisto degli aerei, sulle proprie opzioni.
L’altro nodo da sciogliere è capire che fine farà la quota inoptata dell’aumento di capitale, viste le difficoltà finanziarie e giudiziarie di numerosi soci di minoranza. Che ne sarà ad esempio delle quote che certamente non sottoscriveranno Riva, Ligresti o Bellavista Caltagirone? Lo farà Air France, aumentando in questo modo la sua partecipazione fino a raggiungere il 50% delle quote? Molto dipenderà dall’esito della trattativa sul debito e da quella – parallela e sotterranea – della politica.
Già, la politica. Perché a dispetto del fatto che Alitalia ed Air France sono aziende private, trattandosi di due ex compagnie di bandiera i rispettivi governi avranno voce in capitolo. Proprio oggi, mentre il cda di Alitalia discuterà l’aumento di capitale il ministro dei Trasporti Lupi incontrerà l’omologo francese Frederic Cuvillier. I transalpini vorrebbero un vertice a bassa intensità mediatica, eppure la questione Alitalia è al secondo punto all’ordine del giorno. Il governo francese è tuttora azionista di maggioranza, e proprio per questo non vuole dare la sensazione di mettere l’ultima parola scavalcando i vertici della compagnia e gli altri azionisti, a partire dagli olandesi.
Fra le garanzie che va cercando Lupi c’è quella di mantenere un flusso regolare di voli in Italia e verso le principali rotte intercontinentali, i livelli occupazionali, non penalizzare gli aeroporti italiani. Non è un caso se ieri Aeroporti di Roma, la società controllata dalla famiglia Benetton e gestore dello scalo di Fiumicino, ha detto di essere preoccupata che l’operazione penalizzi l’aeroporto, facendo saltare i progetti di ampliamento già in cantiere.
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