ROMA (WSI) – Matteo Renzi si è dimenticato delle partite Iva che ancora oggi continuano a subire una pressione fiscale del 51%. A lanciare l’allarme la Cgia di Mestre che, conti alla mano, ha calcolato come nei mille giorni in cui è stato alla guida del paese, l’ex premier ha abbassato le tasse in maniera strutturale per oltre 21 miliardi di euro ma solo per alcune categorie di lavoratori e per le imprese di medio-grandi dimensioni.
A rimanere fuori sono state invece i 3 milioni di partite Iva, costituiti da artigiani, commercianti e lavoratori autonomi senza dipendenti. L’associazione dei piccoli artigiani elenca i benefici fiscali che l’ex governo Renzi ha introdotto e che sono il bonus 80 euro, la cancellazione dell’Irap dal costo del lavoro, della Tasi sull’abitazione principale non di lusso e il taglio dell’Ires.
Gli unici interventi a vantaggio dei piccoli produttori hanno riguardato un credito di imposta del 10 per cento dell’Irap per le aziende senza dipendenti, l’incremento delle deduzioni forfetarie della base imponibile Irap, la riduzione dell’Inail e del diritto camerale. Una contrazione che è stata più che compensata dall’aumento dei contribuiti previdenziali avvenuto in questi ultimi anni a seguito delle disposizioni previste dalla riforma previdenziale realizzata dal Governo Monti.
Come sottolinea il coordinatore dell’Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo:
“Se dal 2011 avevamo subito un costante aumento del prelievo fiscale, a partire dal 2014 si è invertita la tendenza anche se la stragrande maggioranza dei benefici introdotti dal governo Renzi non ha interessato il popolo delle partite Iva. Ancora una volta la lobby sindacale/confindustriale e l’insensibilità della classe politica di questo Paese hanno prevalso sugli interessi dei piccoli produttori. Su quel mondo di lavoratori autonomi, costituito in particolar modo da ex operai, da giovani free lance e da liberi professionisti, che inspiegabilmente continuano a non ricevere alcuna attenzione ai loro problemi”.