Le adesioni inferiori alle attese di “quota 100” non modificano in modo sostanziale la prospettiva di una spesa pensionistica che, in Italia, è destinata a esplodere nei prossimi vent’anni. Una prospettiva non certo nuova per i contribuenti italiani, ma che trova conferma ulteriore conferma dai numeri svelati oggi dal Sole 24 Ore. Le proiezioni, che non sono pubbliche ma che il quotidiano economico ha potuto vedere, non contengono naturalmente gli effetti di “quota 100” e delle altre forme di anticipo allargato; misure che entreranno nei calcoli che verranno aggiornati l’anno prossimo.
Per rendersi conto dei rischi futuri, basta guardare alla principale gestione Inps:
“Il fondo pensioni lavoratori dipendenti (Fpld), che rappresenta il 45% dell’intera spesa pensionistica, quest’anno paga 8,6 milioni di pensioni al valore nominale medio di 14.700 euro lordi l’anno, per un totale di quasi 143 miliardi. Tra vent’anni, nel 2039, le pensioni in pagamento stimate nei bilanci prospettivi dell’Istituto salirebbero per il solo Fpld a poco meno di 9 milioni e 300mila (+7%). Saranno assegni del valore medio di 27mila euro lordi, per una spesa che in termini nominali arriverà a sfiorare i 297 miliardi” riporta il quotidiano economico.
Come spiega il quotidiano economico,
“le stime dei bilanci tecnici, l’ultimo è del 2017 e proietta le spese fino al 2046, sono basate su ipotesi di carriere lavorative costanti e calcolano il pieno effetto del contributivo. Il reddito medio annuo sottostante, sempre in termini nominali, passerebbe da 24.200 euro a 44.950, mentre il tasso di sostituzione (ovvero il rapporto tra pensione e ultimo stipendio), resterebbe attorno a una media del 60%”.
Tutto questo mentre la transizione demografica ci dice che ci saranno 18,8 milioni di cittadini con 65 anni o più, secondo la proiezione centrale Istat, 5 milioni in più di oggi. E la popolazione lavorativa si sarà ridotta a sua volta di 5 milioni (a 33,7 milioni)”.