New York – L’ufficio di Lord Jacob Rothschild è in un piccolo edificio nel quartiere di St. James a pochi passi dalla famosa Spencer House che egli ha contribuito a far restaurare di recente. La sua stanza di lavoro è grande confortevole, circondata da opere d’arte e in particolare da tre quadri che rappresentano Gerusalemme, la sua città del cuore.
Gli domando come fa a occuparsi delle tante diverse organizzazioni filantropiche, della sua collezione, della fondazione d’arte e di quella in Israele, ed essere al contempo un uomo d’affari.
Rothschild sorride e dice: «Vuol dire dare molto tempo a tutto questo, ma a me interessa moltissimo e non so come resistere a certe proposte, non so mai dire di no».
Che cosa voleva fare da giovane?
«Ho studiato bene a Oxford e potevo diventare un professore di Storia, che è la materia che avevo studiato. Del resto ero molto amico e appoggiato dal filosofo Isaiah Berlin, che con altri professori mi incoraggiava a pensare se fosse il caso di restare all’Università».
E poi, invece, cosa è successo?
«Sono stato sollecitato dalla banca di famiglia, di cui ero un azionista di minoranza, e vi ho lavorato per 20 anni. Mia madre apparteneva alla famiglia Strachey, nella quale tutti si occupavano solo di arte e di letteratura, e quindi faceva parte del famoso circolo culturale “Bloomsbury Set”».
Ma intorno al nome Rothschild non c’era anche un po’ di mitologia?
«Sì, senz’altro. Ma quando ho lasciato la banca, ho dovuto fare un grandissimo sforzo per creare una mia nuova società. Intanto fui proposto, sempre dal filosofo Berlin, come presidente della National Gallery di Londra: fui nominato dal governo proprio nel tempo in cui venne costruita la nuova Sainsbury Wing e ho svolto quel lavoro per otto anni. Poi, per altri cinque anni, sono diventato presidente dell’Heritage Lottery Fund, ricevevamo dalla lotteria un’enorme quantità di soldi da devolvere in beneficenza a sostegno per esempio dell’arte e dei musei. Questo lavoro è durato cinque anni, naturalmente tutti erano ovviamente molto gentili con me!».
Ad un certo punto ha cominciato a occuparsi del Waddesdon Manor, palazzo donato al National Trust dalla sua famiglia: un luogo visitato da oltre 300 mila persone l’anno.
«Quando mia cugina Dorothy Rothschild è morta, me ne ha lasciato la responsabilità, ed io mi sono occupato anche del relativo restauro. Ho anche contribuito al restauro di Spencer House e della Somerset House».
Lei ora abita a Waddesdon House?
«No. Essendoci oltre 300mila visitatori io non abito nella casa principale ma ho una casa vicina, adiacente. Naturalmente mi occupo attivamente della gestione di tutto ciò che appartiene al National Trust, e spero che continui a farlo anche la mia famiglia dopo di me. Oltre ai giardini, alla casa e al palazzo, vi sono 2500 opere d’arte di grande valore. Del resto, recentemente, abbiamo comprato anche due meravigliosi quadri di Panini che venivano originariamente da un’antica famiglia francese».
Avete denari anche per fare acquisti?
«Sì. Abbiamo un fondo che ci permette di comprare arte, e inoltre siamo proprietari di una importante cantina con vini di Chateau Lafite».
Lei immaginava che Lafite sarebbe diventato un business così importante?
«Non l’avrei mai immaginato. Per 150 anni la società Lafite non ha mai dato un soldo di dividendi e adesso, grazie al fatto che i cinesi comprano centinaia di migliaia di bottiglie, al fatto che abbiamo aggiunto molte altre proprietà, è diventato un grandissimo business. Io personalmente non me ne occupo, ma se ne occupa eccellentemente mio cugino Eric che lavora lì ed è bravissimo».
La famiglia Rothschild è molto unita?
«Diciamo che sono tutti molto vicini, ma anche che tutti competono tra loro. Ad esempio la cantina Chateau Lafite è concorrente di Chateau Mouton, che appartiene a un altro ramo dalla famiglia. E le banche di mio cugino Benjamin competono con quelle dei Rothschild francesi, e così via».
E non competono con lei?
«No, perché io sono indipendente. Mi occupo di una compagnia, di cui sono il maggiore azionista, che in realtà è un fondo di investimento».
La soddisfa il lavoro di investitore?
«Molto, perché dovevo gestire i denari di famiglia, ma anche di circa 10 mila azionisti: mi piace occuparmi bene di loro, così come di me stesso».
E come fa in queste acque difficili?
«Siamo avversi al rischio. Abbiamo appena comprato il 38 per cento del business Rockefeller che è un business un po’ simile al nostro che si occupa di Money Management. In molte cose lavoriamo insieme a loro, il loro amministratore delegato lavorerà con noi e sarà nel nostro consiglio di amministrazione. Abbiamo anche un’attività molto importante in Cina con un gruppo familiare che si chiama Creat e con altri e poi abbiamo un accordo con la Compagnie Financiaire di Benjamin Rothschild».
Come le sembra che vada il mondo?
«Il mondo spera che qualche cosa di buono capiti, ma certamente l’austerità non è una cosa che aiuta e io penso che nei prossimi dieci anni vi sarà una crescita lenta e che il vero pericolo viene soprattutto dalla politica: pensiamo alla Cina, al Medio Oriente, all’America e anche, naturalmente, all’Europa che forse è la più difficile di tutti».
E cosa sta succedendo in Inghilterra?
«L’Inghilterra è in una posizione difficile, ambivalente con l’Europa con la quale ha moltissimi contatti, moltissimi affari, ha dei problemi con l’austerità, con i suoi debiti, con la politica e anche è ambivalente nel senso che oscilla tra l’Europa e gli Stati Uniti».
Lei come investe?
«In cose sinceramente molto noiose. Il meglio che si può fare è investire forse in grandi compagnie che hanno stabilità, che sono molto importanti. Naturalmente ogni tanto si cercano delle opportunità, magari nel mondo della Silicon Valley, dove a parte le grandissime società come Google, Amazon o Apple vi sono più piccole compagnie che potrebbero essere un’opportunità. Naturalmente l’oro è un bene rifugio e anche se oscilla è il bene che è cresciuto di più negli ultimi anni. Poi ci sono, come sempre, le obbligazioni e le liquidità».
E l’arte?
«Compero arte di continuo. La mia collezione l’ho iniziata molti anni fa».
Da cosa ha cominciato?
«Il primo artista fu Giacometti. Sono andato più volte a trovarlo a Parigi nel suo studio perché volevo che dipingesse il ritratto di mia cugina Beatrice; poi hanno finito per comprarlo i suoi genitori e oggi è lei che lo possiede».
Ma lei era amico di altri pittori?
«Certo, conoscevo bene Bacon, che del resto era un amico di mia madre e anche di mia nonna, e poi io ero personalmente amico di Freud che ha fatto anche due miei ritratti, di cui uno è alla National Portrait Gallery. Non ho una grandissima collezione di cose specifiche; diciamo che sono piuttosto eclettico nei miei gusti e nelle mie collezioni. Nella mia casa in Grecia, a Corfù, colleziono per esempio pittura veneziana dell’inizio del ’700 perché mi sembra pertinente con il luogo; nelle mie case inglesi, magari più pittura francese o inglese».
Lei si occupa naturalmente anche di architettura essendo stato per anni anche il presidente del Pritzker Prize per l’Architettura.
«Sì, infatti mi sono occupato molto di ricostruire degli edifici e anche recentemente a Waddesdon ho fatto costruire un nuovo edificio che contiene gli archivi con un lavoro interno dell’artista Richard Long e per la prima volta vi è un lavoro esterno».
Venendo a Israele, lei è presidente di una grandissima fondazione, Yad Hanadiv che fu fondata dal vecchio Edmond de Rothschild
«Sì, la fondazione ha costruito, per esempio, la Corte Suprema di Israele, l’edificio della Knesset che è il Parlamento, e adesso costruiremo la biblioteca nazionale. Vi sono 52 persone che lavorano nella fondazione. Il progetto della biblioteca è bellissimo, verrà fatto da un architetto israeliano, un enorme edificio a cento metri dal museo di Israele. Il governo ha già messo a disposizione un terreno. Certamente fare una biblioteca ai giorni nostri è molto complicato e complesso. Vi saranno anche molti libri preziosi e molte cose della vita ebraica. Il direttore della biblioteca è eccellente. Ma noi paghiamo le spese, con un aiuto dello Stato. Metteremo anche dei denari da parte per aiutare a mantenere la biblioteca e anche le innovazioni tecnologiche necessarie. E poi cercheremo anche di trovare altri fondi».
Che cosa pensa della situazione israeliana di oggi?
«Sono 125 anni che ci sono ebrei in Israele, partendo dal nord della Palestina. Noi siamo grandi sostenitori di Israele, ma non politici, perché siamo una fondazione. Non siamo mai stati né di destra, né di sinistra, abbiamo mantenuto un profilo basso politicamente; abbiamo fatto molto lavoro anche nel campo dell’educazione, dell’integrazione delle popolazioni arabo-palestinesi e ci occupiamo moltissimo dell’ambiente. Vogliamo aiutare come possiamo Israele».
Com’è la situazione degli ebrei in Inghilterra?
«È ottima. Sono attivi come comunità in molti campi e sono molto amati e rispettati, anche se comunque un po’ di antisemitismo esiste ancora».
Lei, la famiglia Rothschild, siete molto vicini alla famiglia reale inglese?
«Ho avuto delle mansioni di trustee nella fondazione del Principe di Galles, ho una funzione di trustee nel Ducato di Cornovaglia, ma non ci si considera un amico della famiglia reale, ho una conoscenza del Principe di Galles e di sua moglie».
Quando non lavora ha altre distrazioni?
«Mi piace molto stare con i miei otto nipoti e i miei quattro figli, con i quali faccio cose molto semplici, tipo andare alle partite di calcio».
Intervista di Alain Elkann
Lord Jacob Rothschild ha ospitato nella sua sede a Londra, a St James’ Place, la tavola rotonda dell’economia d’Europa nel 2002, che ha visto partecipare James Wolfensohn, ex presidente della Banca Mondiale, Nicky Oppenheimer, Warren Buffett e Arnold Schwarzenegger.
E’ il figlio del controverso Lord Victor Rothschild (1910-1990), terzo Barone Rothschild, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha lavorato come spia e disinnescatore di bombe per i servizi segreti dell’intelligence britannica (MI5).
La famiglia Rothschild, anche nota come Il Casato di Rothschild, o più semplicemente come i Rothschild, e’ una dinastia di origine tedesco-giudaiche, che istitui’ il sistema bancario e finanziario europeo a partire dal tardo XVIII secolo. La loro aerea di dominio comprende tuttora una vasta gamma di business tra cui la gestione dei patrimoni privati, la consulenza finanziaria e la policoltura.
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