L’appuntamento è fissato per mercoledì 23 aprile. È allora che si riunirà in videoconferenza il Consiglio Europeo (è composto dai Capi di Stato o di governo degli Stati membri) per decidere sull’accordo trovato dall’Eurogruppo. Un appuntamento quanto mai atteso dal mercato su cui non mancano punti interrogativi.
Scartati i coronabond, che non piacciono a tedeschi e olandesi, con gli italiani divisi sul Mes, il fondo salva-stati, a Bruxelles si discuterà su come varare il piano di ripresa di Eurolandia, dopo l’emergenza coronavirus.
La strada da imboccare, allo stato attuale, appare tutta in salita. E se ci fosse un’alternativa a questi due strumenti?
Una proposta diversa arriva da due economisti francesi, Laurence Scialom e Batpiste Bridonneau, del laboratorio di ricerca EconomiX che, in un articolo pubblicato su “Le Monde”, propongono un annullamento parziale dei debiti pubblici detenuti dalla Bce.
Come? La Banca centrale europea, che in questi anni di Quantitative easing (QE) ha acquistato massicce dosi di titoli di Stato della zona euro, ossia di debito pubblico, potrebbe decidere di cancellare parte di quel debito, per dare una spinta alla ripresa.
Oltretutto, ricordano i due economisti, il ricorso al MES senza condizioni si limita al 2% del Pil e alle sole spese sanitarie.
Un forte limite di fronte all’impennata del debito, che si prospetta a emergenza finita. Utilizzando la metafora usata dal presidente francese Emmanuel Macron per la pandemia di Covid-19, “l’Europa rischia di ritrovarsi con un debito analogo a quello post Seconda guerra mondiale, di dimensioni tali da schiacciare come un macigno le ali di ogni possibile ripresa”.
Quante possibilità ci sono che una proposta del genere passi?
“La soluzione è politicamente possibile, perché la Bce è l’istituzione in cui è più debole, per un governo, la possibilità di opporre un veto” scrivono i due economisti.
Mentre per gli eurobond serve l’unanimità, nella Bce è sufficiente la maggioranza dei due terzi. Una maggioranza che, come ricordano i due economisti, ha permesso il whatever it takes di Draghi, nonostante il “no” di Jens Weidmann della Bundesbank.