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(WSI) – Nel 2006 l’Iran ruberà la scena all’Iraq come tema centrale del mercato della politica internazionale. Fin qui la previsione nota e condivisa da molti. L’ipotesi inedita è che il Paese degli ayatollah possa influire anche sulle dinamiche dei mercati finanziari nell’anno appena iniziato. Tanto che la tensione tra Washington e Teheran sarebbe la chiave di lettura capace di spiegare anche il fenomeno noto come «inversione della curva dei tassi» del debito americano, cioè il sorpasso dei rendimenti dei bond a breve termine su quelli a lungo.
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Questa ipotesi si basa su un brillante studio di Robert Barro, economista di Harvard, che ha dimostrato come alcuni eventi a bassa probabilità abbiano impatti significativi sui mercati. Gli economisti si sono ad esempio interrogati sul perché, nel corso della storia economica degli Usa, si siano verificati periodi in cui i ritorni reali dei bond siano risultati decisamente bassi in confronto all’andamento dei mercati azionari. L’analisi di Barro mostra come modelli che incorporino l’influenza sui mercati giocata da eventi rari, come lo scoppio di una guerra, diano risultati più vicini alla realtà: «Una modesta crescita del rischio che si realizzino questi eventi – ha spiegato l’economista – provoca una notevole ripercussione sui tassi d’interesse reali.
Perché di fronte a pericoli di questa portata, gli individui tendono ad annettere un valore molto maggiore al possesso di asset privi di rischi». Per quanto riguarda la situazione attuale, l’inversione della curva dei tassi storicamente predice l’arrivo di una fase di recessione. Eppure nel 2005 l’economia americana ha messo a segno un rialzo del pil prossimo al 4%, nonostante uragani e boom dei costi energetici, con un buon ritmo di creazione di posti lavoro. E le aziende hanno mostrato margini di profitto tra i più alti che si ricordino, un abbondante cash-flow e livelli di indebitamento relativamente bassi.
La sommatoria di questi elementi dà all’economia americana una forza d’inerzia sufficiente a superare anche il possibile declino del mercato immobiliare legato all’aumento dei tassi e la conseguente frenata dei consumi. Allora come si spiegano i segnali premonitori di recessione che provengono dal mercato? Alla luce della ricerca di Barro, non può essere trascurata l’ipotesi che a pesare negativamente sia il rischio di una crescita delle tensioni internazionali. Una conferma arriva dal mercato dei future geopolitici: è aumentata la richiesta su quello offerto da Intrade.com, che paga se Israele e gli Stati Uniti bombardano l’Iran entro il 2007. La quotazione di questo future è cresciuta negli ultimi tempi, stabilizzandosi a un realistico 31,6% al 30 dicembre scorso.
Sebbene si tratti di mercati con volumi ridotti di scambi (e perciò da valutare con tutta la cautela possibile), la ricerca accademica ha dimostrato che funzionano bene come termometro del rischio del verificarsi di questi eventi. Non è detto, ovviamente, che i mercati siano preoccupati dal comportamento degli Stati Uniti e di Israele, ma è possibile che lo scenario di un Iran bellicoso e imprevedibile, e per di più con lo spettro che si doti di armamenti nucleari, possa causare i primi sintomi di indigestione al mercato. C’è però un rovescio della medaglia di cui bisogna tenere conto.
Gli studi di Barro dimostrano che cambiamenti minimi di questo tipo di rischi hanno un effetto moltiplicato anche in senso positivo. E lo spauracchio di una guerra nucleare è talmente grande che alla fine le diplomazie potrebbero essere indotte a trovare una via d’uscita pacifica. Così, se non accade il peggio, potrebbe venir fuori che le prospettive dell’economia americana del 2006 siano ancora migliori di quanto si possa sospettare. A spingerla potrebbe esserci la convergenza dei buoni fondamentali che l’hanno spinta per tutto il 2005 con il fattore rischio. Normalmente, di fronte a un’economia che corre, i tassi a lungo termine salgono e quindi la crescita torna a rallentare. Nel 2006, però, perfino questo contrappeso potrebbe saltare: con il rischio della tensione con l’Iran a tenere bassi i tassi, la crescita potrebbe essere maggiore del previsto.
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