“L’Eurozona sarà l’area più penalizzata dalla situazione contingente, con la crisi energetica che guiderà progressivamente i Paesi del Vecchio Continente in recessione quest’inverno, prima di passare a una lenta ripresa. Le misure fiscali domestiche potrebbero accelerare quest’ultima, ma il momento della verità giungerà nel terzo/quarto trimestre del 2023, quando si dovranno ricostituire le scorte del gas, che noi ci aspettiamo avrà un prezzo attorno a 130-150 euro al megawattora nella seconda metà dell’anno. Sarà fondamentale sia conquistare l’indipendenza energetica in chiave strategica e siglare nuovi legami commerciali, sia supportare famiglie e imprese con pacchetti di stimolo fiscale a livello nazionale, dal momento che l’aumento degli stipendi non basta a tamponare l’erosione inflazionistica”.
Ne è convinta Monica Defend, responsabile dell’Amundi Institute, che ieri ha esposto in conferenza stampa le sue previsioni per il 2023. Stando alle previsioni dell’Amundi Institute, il contesto di bassa crescita-elevata inflazione diffusosi nei Paesi sviluppati si estenderà ai mercati emergenti, ad eccezione della Cina. In particolare, nonostante Amundi abbia attualmente ridotto le previsioni sul Pil cinese per il 2023 al 3,7% dal 4,5% precedentemente previsto, una probabile stabilizzazione del mercato immobiliare (su cui invece il Fondo Monetario Internazionale è più pessimista) e la fine della politica zero-Covid dovrebbero riportare ottimismo sull’economia del Dragone. “Nel frattempo, i continui lockdown cinesi possono essere considerati una buona notizia per noi europei, dal momento che limitano la domanda di importazioni asiatiche di energia e gas, riducendo di conseguenza le pressioni inflazionistiche sui prezzi energetici”, ha chiosato la responsabile dell’Amundi Institute.
Le sorprese del 2022
Matteo Germano, deputy group cio di Amundi, ha poi raccontato le sorprese del 2022 rispetto alle previsioni del 2022. “Rispetto all’outlook che avevamo formulato lo scorso anno, sia l’inflazione che le politiche monetarie restrittive hanno sorpreso al rialzo gli investitori, che ora si trovano a fare i conti con l’iperinflazione a livello globale e pivot delle banche centrali più lontani. Senza contare le tensioni geopolitiche generate dallo scoppio della guerra in Ucraina e la conseguente crisi energetica europea”, ha esordito durante una presentazione dedicata alla stampa. “In uno scenario così turbolento e con tutte le asset class che registravano una performance negativa, ad eccezione di dollaro americano e materie prime, è stato molto difficile costruire i portafogli”, ha aggiunto l’ex Global Head of Multi-Asset Investments.
Ma, secondo gli analisti dell’Amundi Institute (la divisione investimenti del gruppo parigino che riunisce le attività di ricerca, strategia di mercato e consulenza in materia di asset allocation), le prospettive macroeconomiche e di investimento potrebbero migliorare soprattutto nella seconda parte dell’anno alle porte, tagliando la coltre di nubi all’orizzonte con spiragli di luce.
Outlook 2023 di Amundi: i 3 fattori macro da monitorare
“La combinazione di rischio inflattivo, velocità della normalizzazione dei tassi di interesse e crescita economica è determinante per capire quale sarà l’evoluzione dei mercati finanziari nel 2023”, ha spiegato Monica Defend, a capo dell’Amundi Institute.
Quanto alla prima componente, secondo gli analisti dell’Amundi Institute l’inflazione rimarrà ostinatamente elevata per la maggior parte del 2023, sicuramente superiore al famoso obiettivo di equilibrio delle banche centrali pari al 2%, nonostante negli Stati Uniti il picco sia già stato raggiunto e nonostante l’iperinflazione si esaurirà a partire dalla seconda metà dell’anno. Per la Bce sarà più difficile gestirla, dato che l’inflazione europea è più dipendente dalle componenti food & energy che da quelle cicliche, ma anche la Fed non avrà vita facile, considerando che la formula della Taylor Rule restituisce un livello dei tassi al 6% necessario per riportare l’inflazione all’equilibrio del 2%. Le simulazioni dell’Amundi Insitute indicano che un livello del Fed fund rate al 6% porterebbe a una recessione della durata di 4 trimestri (Q3 e Q4 del 2023 e i primi due trimestri del 2024), senza calmierare sostanzialmente l’inflazione fino ad almeno fine 2024. Il gioco non ne varrebbe la candela.
Per quanto concerne la crescita globale, Amundi si aspetta che il prossimo anno rallenti al 2,2% rispetto al 3,4% del 2022, con diversi Paesi sviluppati ed emergenti che si troveranno ad affrontare una stagnazione economica.
L’inasprimento delle politiche monetarie invece proseguirà ma a un ritmo più lento rispetto al 2022, nonostante l’atteggiamento da falco delle principali banche centrali per evitare una crisi simile a quella degli anni ‘70. Nel dettaglio, gli analisti della società si attendono che il Fed funds rate raggiunga quota 5,25%, contro aspettative del mercato di 4,75%, mentre quelli della Bce si fermino a quota 2,50% contro il 2,75% atteso dal mercato.
Come investire nel 2023 secondo Amundi
Infine, quanto ai profitti delle aziende, questi hanno dimostrato resilienza nel 2022 ma iniziano a vedersi le prime pressioni sui margini. “Dopo le grandi correzioni, nell’ottica del bicchiere mezzo pieno vediamo che le valutazioni dei mercati sono ora più appetibili. Le obbligazioni sono nuovamente attraenti come fonte di reddito e di diversificazione per i portafogli bilanciati. In un contesto in cui le condizioni economiche continuano a peggiorare, la volatilità è elevata e gli utili sono attesi in calo nella prima metà del 2023, gli investitori dovrebbero mantenere un approccio inizialmente difensivo, privilegiando l’oro e il credito USA investment grade. Per poi sfruttare, nel corso dell’anno, le opportunità che si presenteranno con un approccio graduale, man mano che le valutazioni diventeranno più interessanti. I venti contrari dovrebbero infatti attenuarsi nel secondo semestre del 2023, favorendo un miglioramento del ciclo economico e un aumento graduale degli asset rischiosi nei portafogli”, ha concluso Germano.