L’articolo è tratto dal magazine Wall Street Italia di giugno e fa parte del lungo dossier dedicato alla sostenibilità.
di Paolo Ceccherini
Attraverso le emozioni, la capacità comunicativa degli artisti diffonde il messaggio della nuova rivoluzione sociale e ambientale
“La nostra incapacità di affrontare le questioni ambientali non è un fallimento di metodo, ma un fallimento dell’immaginazione”.
Così il professor John Robinson dell’Università British Columbia di Vancouver, ha deciso di chiudere i lavori del convegno sul ruolo delle arte nel dibattito sulla sostenibilità. Quello che vuole far emergere è che un approccio razionale, scientifico e metodico alla questione ambientale e sociale, migliorerà i nostri processi economici, ma non sarà sufficiente. Occorre un approccio emozionale ed empatico che permetta di vedere le questioni da angolature diverse e aprirci verso nuove soluzioni. Anche Albert Einstein diceva:
“Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”.
In questo senso il sostegno che può dare il mondo dell’arte e della cultura è fondamentale per migliorare la questione ambientale.
Il ruolo degli artisti
Il ruolo degli artisti più importanti è comunemente stato quello di liberare la creatività dell’individuo. Un esempio di progetto che attraverso l’arte cerca di promuovere una maggiore consapevolezza ambientale è “Spreading Joy Around the World”, ossia “diffondere la gioia in tutto il mondo”: è la papera gigante realizzata dall’artista olandese Florentijn Hofman che ha, tra lo stupore della gente, toccato le principali città del mondo tra cui Londra, Osaka, Sydney, San Paolo e Amsterdam. L’obbiettivo era far capire che
“tutti i mari del mondo sono come un’unica vasca da bagno globale che dobbiamo condividere come un’unica famiglia”.
Un altro esempio è il progetto dell’artista Eve Mosher, “Seeding the City”, che consiste nel posizionare e coltivare piante su oltre 1.000 tetti a New York tra Brooklyn e Manhattan. Questi edifici vengono identificati da una bandiera sul tetto. Il concetto alla base dell’opera è che le piante, oltre ad assorbire Co2 e polveri sottili, fanno ombra durante la stagione più calda consentendo quindi di risparmiare sulla climatizzazione. Tuttavia il vero intento dell’artista è avere la partecipazione dei proprietari degli edifici e la visibilità delle bandiere per far scoccare la consapevolezza tra i passanti di come può essere cambiato l’ambiente urbano.
C’è un mercato per l’arte green
Uno dei più grandi protagonisti dell’arte, Pablo Picasso, ha introdotto l’utilizzo di materiali lontani dal mondo della pittura nelle sue opere. Un esempio è “Nature morte à la chaise carrée” del 1912 considerato uno dei primi esperimenti della rivoluzione del collage. Picasso inserisce una corda sul perimetro dell’opera e un pezzo di impagliatura in vimini.
Un’altra sua opera emblematica, nell’approccio creativo nell’uso dei materiali è “Testa di Toro”, l’opera realizzata con un manubrio di bicicletta e un sellino è tanto potente quanto semplice.
Nelle parole di Picasso il senso dell’importanza dell’approccio creativo all’uso delle risorse:
“Ho fatto di quel manubrio e di quella sella una testa di toro che tutti hanno riconosciuto come tale. La trasformazione è compiuta ora mi augurerei che un’altra metamorfosi si possa compiere in senso contrario. Se gettassi la testa di toro tra i rottami, un passante, vedendola, potrebbe prenderla ed usarla perfettamente come manubrio per la sua bicicletta…”.
Negli stessi anni Kurt Schwitters si impone con un nuovo genere di arte, realizzata tramite l’assemblaggio di materiali di recupero, ricercati nello scarto della quotidianità. Queste opere prendono il nome di Merz che indica l’utilizzo indiscriminato di ogni materiale per scopi artistici. Oggi le creazioni di Schwitters hanno raggiunto quotazioni milionarie: la tela “Ja – Was? – Bild” del 1920, è stata venduta da Christie’s nel 2014 a Londra per oltre 15 milioni di sterline raddoppiando la stima pre asta di 7,5 milioni di sterline.
Un’altro importante esponente di riutilizzo dei materiali è Robert Rauschenberg con i suoi combine paintings. In questi lavori l’artista incorpora non solo oggetti trovati, ma anche immagini trovate, fotografie trasferite sulla tela con la tecnica della serigrafia. Nelle aste di maggio 2019 a New York la sua opera Buffalo II del 1964 ha raggiunto la clamorosa cifra di 78 milioni di dollari.
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