Nel bel mezzo delle polemiche intorno alle cause e alle responsabilità del crollo del ponte Morandi alcuni degli imputati arrivano a travalicare i confini nazionali. Dagli osservatori russofili si calca l’evidenziatore sulla crescita delle spese militari italiane sollecitate dalla Nato, mentre dalle parti del Viminale Matteo Salvini ha puntato il dito contro i vincoli di bilancio europei che avrebbero impedito la sufficiente manutenzione della rete autostradale e quindi anche del ponte Morandi. A tre giorni dal crollo il bilancio provvisorio accertato delle vittime è di 38 persone, cui si aggiungono 10 feriti.
Dalle pagine dell’osservatorio della Strategic Culture Foundation, Finian Cunningham, collaboratore di Russia Today e di altre testate internazionali, ha ricordato come “nello scorso decennio l’Italia ha speso circa 300 miliardi di dollari in difesa” e che a fronte degli ultimatum della Nato, tale cifra sia destinata ad aumentare visto che la soglia di stabilita al 2% del Pil per le spese militari deve essere ancora raggiunta.
“Se i ponti autostradali italiani ora stanno collassando, il futuro per la sicurezza pubblica appare ancora più cupo quando si considera che la maggior parte dell’economia del paese viene deviata per soddisfare le richieste della Nato guidate dagli Stati Uniti”, scrive Cunningham.
“Una crudele ironia è che lo scorso anno i pianificatori della Nato si sono lamentati del fatto che le infrastrutture europee di strade, tunnel e ponti necessitavano di aggiornamenti significativi per facilitare il trasporto di massa delle forze militari in caso di guerra con la Russia”.
L’altro bersaglio esterno è, invece, l’Unione Europea, richiamata da Salvini in un intervento su Radio 24 in cui aveva rimproverato Bruxelles di imporre una “obbedienza contabile che non ci fa spendere i soldi che potremmo usare, sennò sforiamo, sennò ci rimproverano e ci bacchettano, viene la vita degli italiani che va protetta, va garantita, e nulla merita di essere rispettato più di essa. Io dico che gli avanzi di bilancio, e l’Italia ne ha, devono essere spesi da subito per mettere in sicurezza i nostri territori. E nessuno a Bruxelles può dirci nulla”.
Anche in questo caso, il livello di complessità va approfondito aggiungendo, ad esempio, che l’Ue ha stanziato “per il periodo dal 2014 al 2020 all’Italia sono stati assegnati 2,5 miliardi di euro per strade e treni”, ha ricordato il commissario europeo al bilancio Gunther Oettinger.
Sui trasporti, poi, ricorda il portavoce della Commissione Christian Spahr “le regole fiscali concordate lasciano flessibilità a ogni Stato membro per fissare specifiche priorità politiche, e queste possono essere lo sviluppo e la manutenzione delle infrastrutture”.