La Spagna potrebbe battere il primato del Belgio, che è rimasto orfano di un governo per 541 giorni. Negli ultimi 288 giorni Madrid se l’è cavata bene in termini economici senza un esecutivo eletto dal popolo. I partiti vincitori delle ultime due elezioni non sono riusciti a formare una maggioranza e a dicembre gli spagnoli saranno probabilmente chiamati a tornare alle urne.
Ma ad ascoltare i cittadini, stanchi della corruzione e degli scandali che hanno macchiato i due precedenti partiti al governo, si sta meglio senza autorità centrali, perché almeno in questo modo i politici non possono fare danni.
Dopo due elezioni in soli sei mesi di tempo, nessun partito ha ottenuto un numero sufficiente di seggi parlamentari per poter formare una coalizione di governo. Per la prima volta nei quarant’anni di storia repubblicana, i 47 milioni di spagnoli si trovano senza rappresentanti esecutivi.
Il leader del partito socialista Pedro Sànchez si è dimesso, aprendo la strada a una possibile vittoria e rielezione del primo ministro di transizione Mariano Rajoy e del suo partito Popolare di centro destra. Ma la rivolta dei socialisti non contribuirà a sanare le ferite che le misure di austerity post crisi hanno inflitto alla società spagnola.
La frustrazione per l’inettitudine della classe politica non si è spenta e la fiducia nella classe politica è ai minimi storici, come dimostrano le dichiarazioni dei cittadini interpellati dall’International New York Times. I leader hanno avvisato che senza un governo il paese rischia di sprofondare nel caos e subire privazioni dei diritti fondamentali. In realtà la crisi politica ha offerto un barlume di speranza alla gente e un esempio di come sarebbe la vita senza politici al potere.
Senza un governo le istituzioni si logorano ma nel caso spagnolo il Pil cresce. I ministeri continuano a funzionare e i soldi continuano a fluire nelle casse statali della Spagna. Inoltre non ci sono stati problemi di ordine pubblico o di disservizi. Se i politici non riusciranno a formare un nuovo governo entro fine 2016, il piano di bilancio per il 2017 sarà lo stesso del 2016.
“Governo più importante è quello regionale”
Il problema in Spagna riguarda piuttosto il fatto che il paese non può avanzare e progredire. Nessuna legge può essere approvata con un governo paralizzato. I finanziamenti per molti progetti infrastrutturali e governativi sono congelati e i movimenti nazionalisti indipendentisti in Catalogna e Paesi Baschi stanno guadagnando popolarità nelle rispettive regioni.
Il governo centrale garantisce una certa autonomia e poteri alle 17 amministrazioni regionali. E quelle continuano a funzionare bene, fornendo assistenza sanitaria, istruzione e altri servizi pubblici basilari. “Per un cittadino spagnolo, il governo più importante è quello regionale“, spiega al quotidiano americano Santiago Lago Penas, professore di economia nella regione della Gallizia.
È da ottobre dell’anno scorso che il governo è nel limbo, ma la fase di stallo è arrivata in un momento propizio per la Spagna. Dopo la grave recessione durata fino a fine 2013, l’economia spagnola si è gradualmente ripresa e il settore del turismo va a gonfie vele. Al momento si stima che il Pil cresca del 2,9% quest’anno, quasi il doppio dell’1,6% di espansione previsto in media in Eurozona.
Detto questo alcuni economisti hanno avvisato che il giorno del giudizio potrebbe presto arrivare per l’economia spagnola, non tanto per via del deterioramento delle istituzioni, quanto per via dei problemi ancora irrisolti dell’economia e delle finanze: il debito pubblico e la disoccupazione restano tra i più elevati d’Europa. Se non riuscirà a rispettare gli obiettivi sul deficit, fissati dalla Commissione Europea al 4,6% del Pil, la Spagna dovrà pagare una multa di 5 miliardi di euro.
Per esempio la Spagna rischia, così come il Portogallo, di vedere sospesi l’anno prossimo i cosiddetti “impegni di spesa” per i fondi strutturali, a causa del mancato rispetto degli obiettivi di deficit riconosciuto a luglio.
Il redattore del sito di informazione spagnolo eldiario.es, Ignacio Escobar, ritiene che litigare per affrettarsi a formare un governo a tutti i costi non ha senso: “Molti dicevano che se non avessimo formato un governo sarebbe stato l’inferno. Ma noi siamo ancora qui“.
Fonte: International New York Times