ANTIRICICLAGGIO: Genialità criminale!
La storia che sto per raccontare l’ho vissuta verso la fine degli anni ’90, e fu’ una delle ultime indagini di cui mi occupai come Comandante di un Reparto della Guardia di finanza in terra di Bari.
L’attività di servizio interessò una ragnatela di società di capitali, operanti nel settore dell’importazione e commercio all’ingrosso di “componentistica per personal computer” con una vita media di 6/7 mesi, tutte riconducibili o facenti capo ad un giovane personaggio del barese, definito successivamente un “genio” in un Aula di giustizia del Tribunale di Bari.
Il personaggio, tale Michele LABELLARTE – deceduto dopo qualche anno per una grave malattia – operava da solo, senza strutture, magazzini, dipendenti: un autentico fuori classe.
Con la sola partita IVA ed iscrizione camerale importava merce dall’estero, area Euro, con destinazione operatori economici baresi o meridionali in genere. Non aveva istituito le prescritte scritture contabili obbligatorie (Libro giornale e libro delle fatture – attive e passive) perché per a lui non servivano perché aveva deciso di non presentare mai le “le dichiarazioni fiscali”: evasore totale.
Fatturava regolarmente, sottocosto e senza versare l’IVA che, di fronte a svariati miliardi di lire fatturati, provocarono un ingentissimo danno erariale, oltre alla “concorrenza sleale” verso analoghi operatori economici onesti.
Con un 20% per cento di sconto sulla merce venduta sbaragliava la concorrenza con facilità, incrementando il suo fatturato in termini esponenziali.
Fu’ in questa indagine che intercettammo una telefonata da un operatore economico spagnolo che rivolgendosi ad un nostro connazionale ebbe a dire: “Beati voi che avete l’IVA al 20% perché da noi è solo alo 16%!”
Per questi reati, frode fiscale & bancarotta il nostro genio venne condannato a quattro anni di reclusione.
Campus universitario di Valenzano (BA)
Negli anni a seguire, scontata la detenzione, successe di tutto a cominciare da un progetto edilizio di realizzare un Polo universitario in agro di Valenzano dove il LABELLARTE, nel frattempo, anche per il tramite di parenti e prestanomi aveva acquistato numerose aree diventate edificabili di li a poco. Il progetto acquisì da subito una risonanza nazionale ma non vide mai la luce, grazie al provvido intervento della Sezione antiriciclaggio della Guardia di finanza e meritoria azione dell’Autorità giudiziaria.
Il LABELLARTE, per la realizzazione dell’ambizioso progetto immobiliare ottenne finanziamenti dai più grandi gruppi criminali della zona (clan Parisi – Stramaglia), come accertato nel corso della lunga indagine con testimonianze, intercettazioni telefoniche, anche ambientali in una stanza di ospedale dove il nostro genio trascorse gli ultimi giorni prima di passare a miglior vita.
Esecuzione misure cautelari
Nel dicembre del 2009, nell’imminenza delle festività natalizie, vennero eseguite ben 83 Misure cautelari dalla Guardia di finanza delle quali per una trentina ai “domiciliari” laddove, oltre ai soliti nomi gravitanti nell’area della criminalità barese, anche sei Direttori di banca, tre avvocati, un notaio con il coinvolgimento, a piede libero, di una giovane parlamentare in carica.
L’attività di servizio consentì anche il sequestro di oltre duecento milioni di euro.
Insomma un terremoto!
Le accuse spaziavano dall’ associazione a delinquere di stampo mafioso, tentato omicidio, usura, riciclaggio, turbativa d’asta, e traffico internazionale di sostanze stupefacenti.
In ordine alle presunte responsabilità del “favoreggiamento” da parte dei Responsabili di filiale di diversi Istituti bancari [1] al reato di riciclaggio posto in essere dal LABELLARTE – considerato il principale responsabile del disegno criminoso, tutto ruotava attorno a presunte “omesse segnalazioni di operazioni sospette”.
Per i tre avvocati ed il notaio, le accuse erano anche peggiori o, se posso dire, più gravi, laddove si parlava addirittura di “concorso” nel complessivo disegno criminoso [2].
Nel dicembre 2014, il Giudice delle Indagini preliminari del Tribunale di Bari, al netto delle responsabilità e implicazioni penali riguardanti i restanti imputati definiti in altro giudizio, in applicazione degli articoli 442 e 530 del c.p.p. mandò assolti con la formula che “il fatto non sussiste” sia i Direttori di filiali che i professionisti legali e contabili inopinatamente coinvolti nella vicenda penale e giudiziaria di cui parliamo.
In buona sostanza, almeno per i cd. “colletti bianchi” di cui al procedimento penale in commento, il giudice ritenne di utilizzare la formula assolutoria appena citata perché mancò la prova di colpevolezza degli imputati, ovvero ritenuta insufficiente a superare ogni ragionevole dubbio. Con l’assoluzione perché il fatto non sussiste, ha significato che il giudice ha ritenuto che il reato di riciclaggio imputato dal pubblico ministero non abbia trovato riscontro durante il dibattimento e che cioè sono mancate le prove per la benché minima condanna.
In pratica, sei direttori di banca e quattro professionisti legali sono stati arrestati senza prove!