Antiriciclaggio: il cassiere dorme, il direttore paga!
Per quanto trattasi di condotte datate negli anni, con sentenza n25735 del 30 ottobre 2017 la Suprema Corte di cassazione si è pronunciata conformemente ad un orientamento consolidato: per omessa segnalazione di operazione sospetta paga il Direttore come responsabile principale della violazione, in solido con l’Istituto di credito.
Il cassiere dorme e il direttore paga, sia pure in solido con la banca.
La vicenda trae origine presso il Banco di Sicilia, per una operatività registrata da una posizione nel periodo 1995/98 laddove, l’amministratore della “Cooperativa Interprovinciale Produttori Ortofrutticoli” a r.I., emetteva una serie di assegni di poco sotto alla soglia obbligatoria di registrazione dei venti milioni, incassandoli con la formula “m.m.”.
La sanzione irrogata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in prima facie, risultò ammontare a circa un miliardo delle vecchie lire ed esattamente £. 987.206.000.
Il direttore di filiale, Sergio Spanò, avverso l’Ordinanza del Ministero opponeva ricorso accolto la Tribunale nel dicembre 2006.
Il ministero presentava appello incidentale e con sentenza n. 1610 dei 19.10/15.11.2012 la corte d’appello di Palermo rigettava l’opposizione esperita da Sergio Spanò avverso l’ordinanza – ingiunzione e condannava l’appellato alle spese del doppio grado e di c.t.u..
Al netto di eccezione preliminari evidenziate dal ricorrente e rigettate dall’Ufficio giudicante, la Corte di Appello evidenziava quanto segue. Innanzitutto:
- che, nel periodo in cui l’appellato aveva ricoperto la carica di direttore dell’agenzia n. 2 di Bagheria, la “Cooperativa Interprovinciale Produttori Ortofrutticoli” aveva emesso circa 130 assegni ai fini del prelievo di contante dell’importo ciascuno di lire 19.500.000 ed oltre 90 assegni parimenti ai fini del prelievo di contante dell’importo ciascuno di lire 19.000.000;
- che, così come evidenziato dal c.t.u., in taluni momenti del periodo temporale nella fattispecie rilevante l’emissione degli assegni del suindicato ammontare si registrava con una frequenza quasi giornaliera. Altresì, che le riferite risultanze palesavano un evidente intento elusivo, ossia il proposito di aggirare la segnalazione di cui alla normativa “antiriciclaggio”;
- che ciò tanto più che a decorrere dalla stagione 1996/1997 il mezzo normale di pagamento dei soggetti che conferivano prodotti agricoli alla cooperativa, era costituito dal mandato di pagamento e che le istruzioni operative emanate dalla Banca d’Italia (cosiddetto “decalogo”) nel febbraio del 1993 ed aggiornate nel novembre del 1994 “imponevano ai funzionari, nei casi di operazioni sospette, compiti di collaborazione”;
- che nessuna esimente può rinvenirsi dalla circostanza che l’anomala operatività non sia stata intercettata dalla procedura “G.I.ANO.S” – Generato Indici Anomalia delle operazioni Sospette.
Operatività anomala
Quando un cliente, a maggior ragione se titolare di un’attività economica, non rende chiara la destinazione delle risorse omettendo chiaramente la indicazione del destinatario, effettuando ingenti prelievi attraverso un frazionamento continuato della provvista, utilizzando la formula “m.m.” nella emissione degli assegni, muove di fatto denaro contante.
Trattasi di un atteggiamento chiaramente elusivo degli obblighi di legge che, al contrario, per operazioni pari o superiori alla soglia all’epoca stabilita di venti milioni di lire, prescrivono l’obbligo della tracciabilità delle risorse finanziarie che in questo caso non è mancata solo per effetto dell’aggregazione dei dati in Archivio Unico Informatico.
Nella realtà, più che operazioni sospette – trattandosi di una impresa di assoluto spessore economico – la fattispecie più rispondente alla realtà dei fatti stava in un “irregolare trasferimento di denaro contante”.
La Suprema Corte, nel respingere tutte le argomentazioni della difesa ha condannato lo Spanò al pagamento di 8 mila euro a titolo di spese.
Osservazioni merito
A ben guardare l’intero assunto della vicenda, dove la movimentazione del denaro contante, rappresenta solo l’11% dell’intero fatturato, anche avuto riguardo all’operatività in uscita dai rapporti di conto laddove si comprende che, nella generalità dei casi, i pagamenti venivano fatti con regolari bonifici dai quali ben si poteva riscontrare la strumentalità con l’oggetto sociale dell’impresa.
I continui prelievi di denaro contante, sia pure con il ricorso alla emissione di assegni di poco al di sotto la soglia obbligatoria di registrazione, emessi con la formula “m.m.”, hanno di fatto semplicemente facilitato l’acquisto per contanti – sicuramente da piccoli produttori agricoli, notoriamente poco inclini ad accettare assegni o bonifici.
Ciò posto, nella fattispecie in discorso, considerato che, salvo eccezioni[1], il sospetto di riciclaggio sussiste quando la provvista arriva in banca dovendone intuire la liceità, in rapporto all’attività economica esercitata e non certo quando esce, ancora meno si comprende la contestazione in discorso, trattandosi di somme versate sui conti aziendali per i quali sussiste, notoriamente una contabilità e per le quali sono stati corrisposti tutti gli oneri tributari.
A voler essere fiscale, la Guardia di finanza avrebbe potuto fare accertamenti ulteriori per riscontrare la effettiva destinazione delle somme in denaro contante – che come si è detto ho ragione di ritenere piccoli produttori agricoli – ai quali, in solido, andava contestato al massimo l’irregolare trasferimento di denaro contante.
Un’ultima annotazione mi sento di farla nei confronti della organizzazione del Banco di Sicilia che certamente, a suo tempo, ha omesso di fare una “Formazione antiriciclaggio” – fenomeno ahimè fin troppo frequente a beneficio del personale che, nella fattispecie e mi riferisco ai cassieri, avrebbero fornito elementi di conoscenza di particolare interesse al responsabile di filiale.
Intanto, così è, se vi pare: il cassiere dorme, il direttore paga!
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[1] Emissione di fatture per operazioni inesistenti