Soprattutto all’epoca in cui facevo il Responsabile Aziendale Antiriciclaggio ho ascoltato sovente, da parte dei Responsabili di filiale frasi del tipo: “Se ho qualche dubbio su quel cliente, sulla provenienza delle sue provviste per una storia personale poco trasparente, preferisco non prenderlo, perché voglio stare tranquillo e non voglio avere guai”.
A questi collaboratori – per lo più anziani, spesso con trent’anni di esperienza nel mondo delle banche – gli rispondevo che questo era l’atteggiamento peggiore che si potesse tenere nei rapporti con la clientela, anche quella potenziale.
Se volevi vivere tranquillo, gli aggiungevo: non dovevi scegliere di fare il direttore di banca o, in alternativa, cambia mestiere!
Il compito che la legge attribuisce ai “soggetti obbligati” – intermediari finanziari, professionisti e altri soggetti – non è quello di moralizzare il Paese Italia, bensì quello di “segnalare”, in presenza di sospetti ragionevoli che siano in corso o che siano state tentate operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque, i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa.
Ricordando una esperienza realmente vissuta, ricordo che una volta appresi di un vecchio cliente, titolare di due punti vendita, “esercente il commercio al dettaglio di prodotti ittici” che, da un po’ di tempo era solito accompagnarsi a personaggi di dubbia moralità (pregiudicati per datti di usura, criminalità etc.).
Sia pure con un eccesso di zelo [1], non persi tempo ed inoltrai una Segnalazione di operazione sospetta all’Organo centrale, riportando i fatti ed episodi di cui ero venuto a conoscenza.
Appena dopo qualche giorno, ricevetti una telefonata particolarmente allarmata da parte dei un dirigente dell’allora Ufficio Italiano Cambi[2] il quale, senza tanti giri di parole ebbe a dirmi: “Falcone, il nostro, non è un Ufficio di polizia. Lei ha il compito di segnalare le <<operazioni sospette>> e non certamente le <<persone sospette>>”.